L'opera in mostra fino al 30 aprile, ricomposta con cornice e cimasa
La Pala dei Decemviri di Perugino inaugura in Vaticano l'anno dedicato a Raffaello
Pietro Perugino, Pala dei Decemviri, 1495-1496, olio su tavola, 165 x 193 cm, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana
Samantha De Martin
11/02/2020
Mondo - Era stato Antonio Canova, nel 1816, a riportarla in Italia, dove, per disposizione di Papa Pio VII, sarebbe entrata a far parte, due anni dopo, delle collezioni della Pinacoteca Vaticana.
Nel 1797, in seguito alle requisizioni francesi, era stata portata a Parigi, esposta nella Grande Galerie del Louvre, mentre la cimasa - l'elemento sommitale sopra la cornice - era rimasta nella Cappella del Palazzo dei Priori, a Perugia, originaria sede del capolavoro realizzato nel 1495 dal maestro di Raffaello.
E adesso eccola la Pala dei Decemviri di Pietro Perugino, in mostra da sola, e bellissima, scenograficamente ricomposta nella Sala XVII della Pinacoteca Vaticana fino al prossimo 30 aprile.
Si apre così, in Vaticano, l’anno “Sanzio”, con la Madonna in trono col Bambino fra i Santi Lorenzo, Ludovico di Tolosa, Ercolano e Costanzo - conservata nei Musei Vaticani - reinserita nella sontuosa cornice originale e riunita alla cimasa raffigurante Cristo in pietà, custodita invece da sempre nella Galleria Nazionale dell’Umbria. Cornice che, come annunciato a sorpresa in conferenza stampa da Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria - dove la Pala dei Decemviri è stata in mostra fino allo scorso 26 gennaio - sarà concessa in prestito a lungo termine ai Musei Vaticani.
“Durante la mostra a Perugia - spiega Pierini - abbiamo avuto modo di godere della straordinaria bellezza dell’opera, finalmente ricomposta. La cornice, privata della sua pala, stava a Perugia in deposito. Cederla ai Musei del Papa come prestito a lungo termine significa restituirle il suo originario splendore”.
Ricordata dal Vasari e dalle successive fonti storico-artistiche per la sua bellezza, la Pala di Perugino, sulla pedana del trono reca la firma del suo autore.
“Raffaello - spiega Guido Cornini, responsabile scientifico del Dipartimento delle Arti dei Musei Vaticani - messo dal padre a bottega dal Perugino, assorbe come una spugna gli insegnamenti del suo maestro. Quindi è certo che il pittore abbia assistito alla realizzazione delle opere in gestazione nella bottega fra le quali questa. Aveva più o meno 13 anni, e sicuramente ha fatto tesoro di quello che vedeva in quelle occasioni, le architetture, gli sfondi, il modo di disegnare le figure di quel grande maestro. Proprio qui, nei palazzi Vaticani i dipinti del suo maestro, nella Stanza dell'incendio, saranno gli unici ad essere rispettati da Raffaello e non essere distrutti”.
La tavola rappresenta la Sacra conversazione tra la Madonna, il Bambino, i Santi patroni di Perugia, ambientata dentro un arioso portico rinascimentale spalancato su un paesaggio collinare, mentre, nella cimasa, la figura del Cristo sofferente, di un realismo intenso, rivela l’influsso della coeva pittura fiamminga e tedesca.
“La tavola - spiega Barbara Jatta - è un’opera identitaria delle nostre collezioni, parte fondamentale dei nostri musei. L’opera arriva in Italia grazie a Canova che decide di riportare i capolavori sottratti da Napoleone, non nei luoghi di origine, ma in Vaticano, per una loro maggiore condivisione".
Presso i Musei Vaticani, la tavola è stata più volte sottoposta a restauro e, in tempi recenti, oggetto di un attento controllo.
L’esposizione - a cura della direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, con la collaborazione di Marco Pierini e la consulenza di Guido Cornini e Fabrizio Biferali - rientra nell’ambito della rassegna Museum at Work, dedicata agli approfondimenti culturali scaturiti da studi, restauri, ricerche e collaborazioni internazionali dei Musei del Papa.
Si potrà visitare dal lunedì al sabato dalle 9 alle 18 (ultimo accesso alle 16).
Intanto si attende il 17 febbraio quando - occasione unica e irripetibile - si assisterà al ritorno, per una settimana, degli arazzi di Raffaello all’interno della Cappella Sistina.
Leggi anche:
• Il ritorno della Pala dei Decemviri di Pietro Perugino
Nel 1797, in seguito alle requisizioni francesi, era stata portata a Parigi, esposta nella Grande Galerie del Louvre, mentre la cimasa - l'elemento sommitale sopra la cornice - era rimasta nella Cappella del Palazzo dei Priori, a Perugia, originaria sede del capolavoro realizzato nel 1495 dal maestro di Raffaello.
E adesso eccola la Pala dei Decemviri di Pietro Perugino, in mostra da sola, e bellissima, scenograficamente ricomposta nella Sala XVII della Pinacoteca Vaticana fino al prossimo 30 aprile.
Si apre così, in Vaticano, l’anno “Sanzio”, con la Madonna in trono col Bambino fra i Santi Lorenzo, Ludovico di Tolosa, Ercolano e Costanzo - conservata nei Musei Vaticani - reinserita nella sontuosa cornice originale e riunita alla cimasa raffigurante Cristo in pietà, custodita invece da sempre nella Galleria Nazionale dell’Umbria. Cornice che, come annunciato a sorpresa in conferenza stampa da Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria - dove la Pala dei Decemviri è stata in mostra fino allo scorso 26 gennaio - sarà concessa in prestito a lungo termine ai Musei Vaticani.
“Durante la mostra a Perugia - spiega Pierini - abbiamo avuto modo di godere della straordinaria bellezza dell’opera, finalmente ricomposta. La cornice, privata della sua pala, stava a Perugia in deposito. Cederla ai Musei del Papa come prestito a lungo termine significa restituirle il suo originario splendore”.
Ricordata dal Vasari e dalle successive fonti storico-artistiche per la sua bellezza, la Pala di Perugino, sulla pedana del trono reca la firma del suo autore.
“Raffaello - spiega Guido Cornini, responsabile scientifico del Dipartimento delle Arti dei Musei Vaticani - messo dal padre a bottega dal Perugino, assorbe come una spugna gli insegnamenti del suo maestro. Quindi è certo che il pittore abbia assistito alla realizzazione delle opere in gestazione nella bottega fra le quali questa. Aveva più o meno 13 anni, e sicuramente ha fatto tesoro di quello che vedeva in quelle occasioni, le architetture, gli sfondi, il modo di disegnare le figure di quel grande maestro. Proprio qui, nei palazzi Vaticani i dipinti del suo maestro, nella Stanza dell'incendio, saranno gli unici ad essere rispettati da Raffaello e non essere distrutti”.
La tavola rappresenta la Sacra conversazione tra la Madonna, il Bambino, i Santi patroni di Perugia, ambientata dentro un arioso portico rinascimentale spalancato su un paesaggio collinare, mentre, nella cimasa, la figura del Cristo sofferente, di un realismo intenso, rivela l’influsso della coeva pittura fiamminga e tedesca.
“La tavola - spiega Barbara Jatta - è un’opera identitaria delle nostre collezioni, parte fondamentale dei nostri musei. L’opera arriva in Italia grazie a Canova che decide di riportare i capolavori sottratti da Napoleone, non nei luoghi di origine, ma in Vaticano, per una loro maggiore condivisione".
Presso i Musei Vaticani, la tavola è stata più volte sottoposta a restauro e, in tempi recenti, oggetto di un attento controllo.
L’esposizione - a cura della direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, con la collaborazione di Marco Pierini e la consulenza di Guido Cornini e Fabrizio Biferali - rientra nell’ambito della rassegna Museum at Work, dedicata agli approfondimenti culturali scaturiti da studi, restauri, ricerche e collaborazioni internazionali dei Musei del Papa.
Si potrà visitare dal lunedì al sabato dalle 9 alle 18 (ultimo accesso alle 16).
Intanto si attende il 17 febbraio quando - occasione unica e irripetibile - si assisterà al ritorno, per una settimana, degli arazzi di Raffaello all’interno della Cappella Sistina.
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