Dal 3 dicembre alle Gallerie d’Italia
Artemisia a Napoli in una grande mostra
Artemisia Gentileschi a Napoli I Courtesy Gallerie d'Italia
Francesca Grego
03/12/2022
Napoli - A Napoli il Natale ha i colori di Artemisia Gentileschi. Dalla collaborazione delle Gallerie d’Italia con la National Gallery di Londra nasce una mostra foriera di sorprese, che indaga sui rapporti della pittrice seicentesca con la città partenopea. Sono circa 50 le opere riunite per l’occasione a Palazzo Zevallos Stigliano in via Toledo e arrivano da prestigiose collezioni pubbliche e private italiane e internazionali. Tra gli ospiti più attesi figurano dipinti mai esposti prima in Italia, come la Santa Caterina d’Alessandria acquisita nel 2018 dal museo londinese, o la Giuditta e l’ancella con la testa di Oloferne, da settembre 2022 nelle raccolte del National Museum di Oslo, che dialogheranno con i capolavori del museo di Intesa Sanpaolo. In programma dal 3 dicembre 2022 al 19 marzo 2023, Artemisia Gentileschi a Napoli non è solo una delizia per gli occhi, ma anche il punto di arrivo di un importante percorso di ricerca: gli studi condotti per l’occasione tra l’Italia e il Regno Unito hanno infatti chiarito le circostanze dell’arrivo della pittrice nella capitale borbonica e indagato sul suo lungo soggiorno partenopeo, portando alla luce interessanti vicende artistiche e personali.
"Artemisia Gentileschi a Napoli" I Courtesy Gallerie d'Italia
Era l’estate del 1630 quando Artemisia si trasferì a Napoli da Venezia. A 37 anni, dopo un’esistenza avventurosa e una carriera densa di successi, trovò nella capitale del vicereame spagnolo una nuova casa. Seconda metropoli europea per popolazione dopo Parigi, Napoli offriva una vita culturale alquanto vivace: era ancora fresco il ricordo di Caravaggio, mentre maestri come Josè de Ribera e Massimo Stanzione adornavano la città con opere di valore. Alla pittrice non mancarono né i mecenati – da don Antonio Ruffo di Sicilia a re Filippo IV di Spagna - né gli scambi e le collaborazioni con i migliori artisti presenti in città. Per la prima volta Artemisia si ritrovò a dipingere tre tele per la stessa chiesa, la Cattedrale di Pozzuoli al Rione Terra, e dimostrò di saper rinnovare la propria arte rispondendo alle trasformazioni del gusto con nuovi soggetti. La pittrice trovò la capitale borbonica così congeniale al proprio spirito che, salvo un breve soggiorno in Inghilterra, decise di restarci per sempre.
Artemisia Gentileschi, Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne, 1639-1640, Oslo, National Museum | Courtesy National Museum
Incredibilmente, finora nessuna esposizione aveva mai indagato sulla stagione napoletana di Artemisia, un capitolo fondamentale della sua parabola artistica e in assoluto il più lungo in termini temporali. A cura di Antonio Ernesto Denunzio e Giuseppe Porzio, con la consulenza speciale del direttore della National Gallery Gabriele Finaldi, il progetto delle Gallerie d’Italia nasce come approfondimento della grande mostra dedicata all’artista nel 2020 dal museo londinese e si avvale della collaborazione del Museo e Real Bosco di Capodimonte, dell’Archivio di Stato di Napoli e dell’Università degli Studi “L’Orientale”.
Nel cuore della città partenopea, dove Artemisia visse e lavorò, scopriremo 21 dipinti dell’artista in dialogo con le opere di artisti attivi a Napoli negli stessi anni, da Massimo Stanzione a Paolo Finoglio, da Francesco Guarino ad Andrea Vaccaro, per finire con una pittrice recentemente riscoperta, “Annella” Di Rosa, la maggiore artista napoletana nella prima metà del Seicento, secondo la tradizione vittima anche lei della violenza di genere come la Gentileschi.
Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 - Napoli, dopo il 14 luglio 1654), Santa Caterina d’Alessandria. Olio su tela, 90 × 75,40 cm. Stoccolma, Nationalmuseum, Purchase 2019 Wiros Fund, inv. NM 7538. Photo Cecilia Heisser / Nationalmuseum
Il percorso delle Gallerie d’Italia si apre con la Santa Caterina d’Alessandria della National Gallery, capolavoro giovanile di Artemisia, per poi immergersi nel racconto della maturità con temi e soggetti cari alla pittrice nei suoi ultimi vent’anni di vita. Vediamo ricomposto per la prima volta il ciclo di tele con Cristo e i dodici Apostoli commissionato per la Certosa di Siviglia dal duca di Alcalà, dove l’effigie di Gesù dipinta dalla Gentileschi è affiancata da figure realizzate da Guido Reni, Giovanni Baglione e Battistero Caracciolo. Un’intera sezione è poi dedicata all’immagine di Artemisia, con l’artista che presta il volto a personaggi del mito e delle Sacre Scritture. E non mancano nemmeno gli autoritratti, come quello di Palazzo Barberini, che celebra il nuovo status della pittrice subito dopo l’ammissione alla prestigiosa Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.
Artemisia Gentileschi (Roma, 1593-Napoli, dopo il 14 luglio 1654), Susanna e i vecchi. Olio su tela, 200,5 × 225,5cm. Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. 6320. Su concessione del Ministero della Cultura–Pinacoteca Nazionale di Bologna
Dalle grandi commissioni pubbliche napoletane, come l’Annunciazione di Capodimonte e i monumentali quadri della Cattedrale di Pozzuoli, si passa alle piccole tele per la devozione privata e alle figure femminili che furono una delle specialità della Gentileschi: sante e martiri, eroine bibliche e mitologiche dal carattere audace, che l’artista descrive con espressivo naturalismo. Tra queste figurano la già citata Giuditta di Oslo e la Santa Caterina d’Alessandria del Nationalmuseum di Stoccolma, altra novità assoluta per il pubblico italiano.
Artemisia Gentileschi, Sansone e Dalila, 1630 ca, Napoli, Collezione Intesa Sanpaolo, Gallerie d’Italia - Napoli
Amore e morte si incontrano in complesse composizioni a sfondo erotico ispirate al Vecchio Testamento come Bethsabea al bagno della Galleria Palatina di Firenze e Susanna e i Vecchi della Pinacoteca Nazionale di Bologna, per finire con spettacolari favole mitologiche di eccezionale qualità pittorica: la Corisca e il satiro di collezione privata e il Trionfo di Galatea della National Gallery of Art di Washington, entrambi di Artemisia, dialogano con un aro dipinto profano di Massimo Stanzione, l’Orfeo dilaniato dalle baccanti restaurato per l’occasione e con il Ratto di Europa di Annella Di Rosa, proveniente da una collezione privata e per la prima volta esposto al pubblico.
"Artemisia Gentileschi a Napoli" I Courtesy Gallerie d'Italia
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"Artemisia Gentileschi a Napoli" I Courtesy Gallerie d'Italia
Era l’estate del 1630 quando Artemisia si trasferì a Napoli da Venezia. A 37 anni, dopo un’esistenza avventurosa e una carriera densa di successi, trovò nella capitale del vicereame spagnolo una nuova casa. Seconda metropoli europea per popolazione dopo Parigi, Napoli offriva una vita culturale alquanto vivace: era ancora fresco il ricordo di Caravaggio, mentre maestri come Josè de Ribera e Massimo Stanzione adornavano la città con opere di valore. Alla pittrice non mancarono né i mecenati – da don Antonio Ruffo di Sicilia a re Filippo IV di Spagna - né gli scambi e le collaborazioni con i migliori artisti presenti in città. Per la prima volta Artemisia si ritrovò a dipingere tre tele per la stessa chiesa, la Cattedrale di Pozzuoli al Rione Terra, e dimostrò di saper rinnovare la propria arte rispondendo alle trasformazioni del gusto con nuovi soggetti. La pittrice trovò la capitale borbonica così congeniale al proprio spirito che, salvo un breve soggiorno in Inghilterra, decise di restarci per sempre.
Artemisia Gentileschi, Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne, 1639-1640, Oslo, National Museum | Courtesy National Museum
Incredibilmente, finora nessuna esposizione aveva mai indagato sulla stagione napoletana di Artemisia, un capitolo fondamentale della sua parabola artistica e in assoluto il più lungo in termini temporali. A cura di Antonio Ernesto Denunzio e Giuseppe Porzio, con la consulenza speciale del direttore della National Gallery Gabriele Finaldi, il progetto delle Gallerie d’Italia nasce come approfondimento della grande mostra dedicata all’artista nel 2020 dal museo londinese e si avvale della collaborazione del Museo e Real Bosco di Capodimonte, dell’Archivio di Stato di Napoli e dell’Università degli Studi “L’Orientale”.
Nel cuore della città partenopea, dove Artemisia visse e lavorò, scopriremo 21 dipinti dell’artista in dialogo con le opere di artisti attivi a Napoli negli stessi anni, da Massimo Stanzione a Paolo Finoglio, da Francesco Guarino ad Andrea Vaccaro, per finire con una pittrice recentemente riscoperta, “Annella” Di Rosa, la maggiore artista napoletana nella prima metà del Seicento, secondo la tradizione vittima anche lei della violenza di genere come la Gentileschi.
Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 - Napoli, dopo il 14 luglio 1654), Santa Caterina d’Alessandria. Olio su tela, 90 × 75,40 cm. Stoccolma, Nationalmuseum, Purchase 2019 Wiros Fund, inv. NM 7538. Photo Cecilia Heisser / Nationalmuseum
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Artemisia Gentileschi (Roma, 1593-Napoli, dopo il 14 luglio 1654), Susanna e i vecchi. Olio su tela, 200,5 × 225,5cm. Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. 6320. Su concessione del Ministero della Cultura–Pinacoteca Nazionale di Bologna
Dalle grandi commissioni pubbliche napoletane, come l’Annunciazione di Capodimonte e i monumentali quadri della Cattedrale di Pozzuoli, si passa alle piccole tele per la devozione privata e alle figure femminili che furono una delle specialità della Gentileschi: sante e martiri, eroine bibliche e mitologiche dal carattere audace, che l’artista descrive con espressivo naturalismo. Tra queste figurano la già citata Giuditta di Oslo e la Santa Caterina d’Alessandria del Nationalmuseum di Stoccolma, altra novità assoluta per il pubblico italiano.
Artemisia Gentileschi, Sansone e Dalila, 1630 ca, Napoli, Collezione Intesa Sanpaolo, Gallerie d’Italia - Napoli
Amore e morte si incontrano in complesse composizioni a sfondo erotico ispirate al Vecchio Testamento come Bethsabea al bagno della Galleria Palatina di Firenze e Susanna e i Vecchi della Pinacoteca Nazionale di Bologna, per finire con spettacolari favole mitologiche di eccezionale qualità pittorica: la Corisca e il satiro di collezione privata e il Trionfo di Galatea della National Gallery of Art di Washington, entrambi di Artemisia, dialogano con un aro dipinto profano di Massimo Stanzione, l’Orfeo dilaniato dalle baccanti restaurato per l’occasione e con il Ratto di Europa di Annella Di Rosa, proveniente da una collezione privata e per la prima volta esposto al pubblico.
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