Visite dal 13 ottobre al 10 novembre
Il crepuscolo degli dei pagani. Riapre a Roma il Santuario Siriaco del Gianicolo
Santuario Siriaco del Gianicolo I Courtesy Soprintendenza Speciale di Roma
Francesca Grego
10/10/2024
Roma - Quando, nel 380, Teodosio fece del Cristianesimo la religione unica e obbligatoria dell’Impero, furono i pagani a doversi nascondere. Il Santuario Siriaco del Gianicolo è una delle ultime testimonianze di questa fase, in cui la sopravvivenza dei culti non cristiani fu relegata all’interno di abitazioni private. Dal 13 ottobre quattro giornate di apertura straordinaria con visite gratuite a cura della Soprintendenza Speciale di Roma invitano a scoprire un’affascinante pagina della storia dell’Urbe, prima che il tempio del Gianicolo sia sottoposto a un intervento di restauro che lo doterà anche di uno spazio espositivo e di un punto di accoglienza.
Per quattro domeniche (13, 20, 27 ottobre e 10 novembre) il tempio situato alle falde di Villa Sciarra, nel rione Trastevere, svelerà i segreti scoperti dagli archeologi solo grazie a numerose campagne di scavo. Tante e varie sono state le ipotesi avanzate intorno all’edificio da quando venne alla luce per caso nel 1906, durante i lavori per la costruzione della casina del custode della villa. La struttura absidata e la stanza poligonale posta a Oriente, infatti, a prima vista sembrano simili alle architetture di una domus tardo imperiale, costruita in un’area all’epoca votata ai commerci e alle attività produttive a breve distanza dagli scali fluviali e dei mercati dell’Urbe. Un’iscrizione evoca la ninfa Furrina, tra le divinità più antiche di Roma, collocando a Villa Sciarra la fonte a lei dedicata e il leggendario bosco (Lucus Furrinae), dove, racconta l'illustre archeologo di inizio Novecento Rodolfo Lanciani, “l’infelice tribuno Caio Gracco trovò la morte in un terribile giorno del 121 a.C.” Qui “lo raggiunse la folla inferocita del Foro e lo massacrò a bastonate insieme a tremila del suo partito che furono, insieme a lui, gettati poi nel Tevere, a monte dell’isola Tiberina”.
Santuario Siriaco del Gianicolo I Courtesy Soprintendenza Speciale di Roma
Come spesso accade per gli edifici romani, anche il Santuario Siriaco ha una storia complessa e stratificata: gli archeologi hanno individuato almeno tre fasi costruttive a partire dal I secolo d.C., epoca alla quale risalgono le condotte e le piscine connesse alla fonte. Sono datati invece al II-III secolo alcuni ambienti pavimentati a mosaico, mentre sarebbe riconducibile al IV secolo la costruzione più vasta, composta da una sala absidata fiancheggiata da due ali laterali, una corte centrale, una costruzione di forma poligonale, absidata a sua volta e inquadrata da due stanze pentagonali. Questi ultimi ritrovamenti e alcune iscrizioni hanno fatto pensare a un santuario siriaco, ipotesi da cui l’edificio prende il nome.
All’epoca dell’Impero Roma era una città decisamente cosmopolita: si stima che il 75% dei romani fossero nati altrove, con numerose presenze di nord-africani e mediorientali che si mescolavano con le etnie italiche. C’erano etruschi e sanniti, tripolitani e galli, siriaci e greci, cilici ed etiopi. “Al tempo degli Antonini”, racconta ancora Lanciani, effettivamente una parte del Lucus Furrinae “era stata ceduta alla colonia siriaca, alla quale venne concesso il permesso di costruire un cappella dedicata agli dei siriaci e l’uso di una fontana per le abluzioni dei fedeli”. Ma la storia del Santuario del Gianicolo non si esaurisce qui.
Statua di Osiride/Attis ritrovata nel Tempio Siriaco del Gianicolo I Crediti Museo Nazionale Romano
Più tardi il ritrovamento di una scultura di bronzo avvolta nelle spire di un serpente, emersa accanto a uova e altri oggetti rituali, ha aperto un’altra pagina del suo misterioso passato. Rinvenuta insieme a una statua in marmo di Dioniso e a quella di un faraone in basalto nero, la figura è stata identificata con Osiride o Attis, dimostrando la dedica del luogo ai culti egizi degli inferi e della fertilità. Il complesso sarebbe stato dunque parte di una villa suburbana, testimonianza del tramonto del paganesimo, quando i suoi culti vennero emarginati e costretti all’interno di abitazione private: uno degli ultimi tempi pagani costruiti a Roma, chiuso e sigillato dai suoi adepti così bene da rimanere nascosto fino all’avvento dei moderni scavi archeologici.
Santuario Siriaco del Gianicolo I Courtesy Soprintendenza Speciale di Roma
Per quattro domeniche (13, 20, 27 ottobre e 10 novembre) il tempio situato alle falde di Villa Sciarra, nel rione Trastevere, svelerà i segreti scoperti dagli archeologi solo grazie a numerose campagne di scavo. Tante e varie sono state le ipotesi avanzate intorno all’edificio da quando venne alla luce per caso nel 1906, durante i lavori per la costruzione della casina del custode della villa. La struttura absidata e la stanza poligonale posta a Oriente, infatti, a prima vista sembrano simili alle architetture di una domus tardo imperiale, costruita in un’area all’epoca votata ai commerci e alle attività produttive a breve distanza dagli scali fluviali e dei mercati dell’Urbe. Un’iscrizione evoca la ninfa Furrina, tra le divinità più antiche di Roma, collocando a Villa Sciarra la fonte a lei dedicata e il leggendario bosco (Lucus Furrinae), dove, racconta l'illustre archeologo di inizio Novecento Rodolfo Lanciani, “l’infelice tribuno Caio Gracco trovò la morte in un terribile giorno del 121 a.C.” Qui “lo raggiunse la folla inferocita del Foro e lo massacrò a bastonate insieme a tremila del suo partito che furono, insieme a lui, gettati poi nel Tevere, a monte dell’isola Tiberina”.
Santuario Siriaco del Gianicolo I Courtesy Soprintendenza Speciale di Roma
Come spesso accade per gli edifici romani, anche il Santuario Siriaco ha una storia complessa e stratificata: gli archeologi hanno individuato almeno tre fasi costruttive a partire dal I secolo d.C., epoca alla quale risalgono le condotte e le piscine connesse alla fonte. Sono datati invece al II-III secolo alcuni ambienti pavimentati a mosaico, mentre sarebbe riconducibile al IV secolo la costruzione più vasta, composta da una sala absidata fiancheggiata da due ali laterali, una corte centrale, una costruzione di forma poligonale, absidata a sua volta e inquadrata da due stanze pentagonali. Questi ultimi ritrovamenti e alcune iscrizioni hanno fatto pensare a un santuario siriaco, ipotesi da cui l’edificio prende il nome.
All’epoca dell’Impero Roma era una città decisamente cosmopolita: si stima che il 75% dei romani fossero nati altrove, con numerose presenze di nord-africani e mediorientali che si mescolavano con le etnie italiche. C’erano etruschi e sanniti, tripolitani e galli, siriaci e greci, cilici ed etiopi. “Al tempo degli Antonini”, racconta ancora Lanciani, effettivamente una parte del Lucus Furrinae “era stata ceduta alla colonia siriaca, alla quale venne concesso il permesso di costruire un cappella dedicata agli dei siriaci e l’uso di una fontana per le abluzioni dei fedeli”. Ma la storia del Santuario del Gianicolo non si esaurisce qui.
Statua di Osiride/Attis ritrovata nel Tempio Siriaco del Gianicolo I Crediti Museo Nazionale Romano
Più tardi il ritrovamento di una scultura di bronzo avvolta nelle spire di un serpente, emersa accanto a uova e altri oggetti rituali, ha aperto un’altra pagina del suo misterioso passato. Rinvenuta insieme a una statua in marmo di Dioniso e a quella di un faraone in basalto nero, la figura è stata identificata con Osiride o Attis, dimostrando la dedica del luogo ai culti egizi degli inferi e della fertilità. Il complesso sarebbe stato dunque parte di una villa suburbana, testimonianza del tramonto del paganesimo, quando i suoi culti vennero emarginati e costretti all’interno di abitazione private: uno degli ultimi tempi pagani costruiti a Roma, chiuso e sigillato dai suoi adepti così bene da rimanere nascosto fino all’avvento dei moderni scavi archeologici.
Santuario Siriaco del Gianicolo I Courtesy Soprintendenza Speciale di Roma
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