Dal 28 maggio al 4 settembre al Museo dell’Ara Pacis
Robert Doisneau, "pescatore" della tenerezza, in mostra a Roma
Robert Doisneau, L’Information scolaire, Paris 1956 © Robert Doisneau
Samantha De Martin
27/05/2022
Roma - Simile al pescatore a mosca secca, al centro di uno dei suoi tanti scatti, mentre volge le spalle alla Senna, Robert Doisneau ha lanciato il suo obiettivo, alla maniera di una lenza, verso il fascino dell’umanità più eterogenea.
Il maestro francese che seppe interpretare il mistero e la psicologia delle persone scavando nel volto malinconico di Mademoiselle Anita, in un bistrot parigino, in quello di un operaio della Renault o nello sguardo trasognato di una coppia in bicicletta, arriva a Roma con la terza “versione” della mostra Robert Doisneau, nella capitale dopo Rovigo e Aosta.
E non c’è solo il celeberrimo scatto che immortala il bacio della giovane coppia in place de l’Hôtel de Ville di Parigi a ripercorrere la carriera del maestro tra gli anni Trenta e Sessanta. A incantare il pubblico del Museo dell’Ara Pacis dal 28 maggio al 4 settembre saranno oltre 130 stampe ai sali d’argento in bianco e nero, in prestito dalla collezione dell’Atelier Robert Doisneau a Montrouge. È qui che l'artista ha stampato e archiviato le sue immagini per oltre cinquant’anni, ed è qui che si è spento nel 1994, lasciando un’eredità di quasi 450.000 negativi.
“Se c’è qualcuno che adoro, quello è Doisneau” diceva del suo collega il pioniere del fotogiornalismo Henri Cartier-Bresson.
Il motivo è tutto racchiuso nell’arioso percorso allestito all’Ara Pacis con il quale il curatore Gabriel Bauret snocciola al pubblico, ordinata in undici sezioni, una selezione di lavori di uno dei padri fondatori della fotografia umanista francese e del fotogiornalismo di strada.
Robert Doisneau, Mademoiselle Anita, cabaret «La Boule Rouge», rue de Lappe, Paris, 1950 © Robert Doisneau
Promossa e prodotta da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e Silvana Editoriale, l'esposizione è il racconto dell’essere umano al centro dell’immagine.
“Questa mostra - spiega Bauret - è sempre una sfida parecchio ambiziosa. Abbiamo l’impressione di conoscere bene Doisneau. Da un lato abbiamo le fotografie iconiche, come quella del celebre Bacio, dall’altro abbiamo le varianti di alcune immagini con le quali abbiamo pensato di accompagnare il pubblico della mostra in direzioni meno battute. Lungi dal volere essere una retrospettiva completa (cosa che sarebbe impossibile) la mostra nasce dalla precisa scelta di andare alla ricerca dello spirito di Doisneau, delle immagini meno note di questo “filosofo” pervaso da un umorismo sottile, evidente in alcune immagini. Un’infanzia difficile - dovuta anche alla morte della madre quando era piccolo, e a un padre non particolarmente affettuoso - influenzerà profondamente la sua persona”.
In questo viaggio, in perfetto equilibrio tra le immagini più celebri e gli scatti meno conosciuti, il pubblico è accolto dai Concierges (1945-1953), una serie di fotografie dedicate ai portinai di Parigi come Madame Augustin, poiché, come afferma Doisneau, “La vera Parigi non può essere concepita senza i suoi portinai”.
Attraversando Enfances (1934-1956), un omaggio all’infanzia, sembra di essere investiti dal vociare dei bambini che animano le strade della banlieu parigina. Molti di loro sono spesso complici delle intenzioni del fotografo, e lui si sente a suo agio in loro compagnia, come provano gli scatti che li vedono protagonisti fin dalla metà degli anni Trenta.
Robert Doisneau, Fox-terrier au Pont des Arts, Paris, 1953, © Robert Doisneau
La vita quotidiana e i duri inverni al tempo della guerra e dell’occupazione emergono invece dalla sezione Occupation et Libération (1940-1944), anche se in L’Après-Guerre (1945-1953), la rinascita del Dopoguerra vibra nel passo incerto di un bambino, negli abiti della festa delle ragazze di Dimanche matin o nei sorrisi sui volti di Les Habitants de la Rue du Transvaal.
Doisneau lavorò cinque anni nel reparto pubblicitario delle officine Renault, esperienza che gli permise di “conoscere il mondo di coloro che si svegliano presto” e i cui volti affollano alcuni scatti in mostra.
Se ne “le Théâtre de la rue”, nella scuola della strada, ben più ricca e accattivante di qualsiasi altra formazione scolastica, Doisneau trova una bellezza, un disordine e uno splendore che lo seducono, dal venditore ambulante di verdure al Pêcheur à la mouche sèche, in Mode et Mondanités (1950-1952) un Doisneau divenuto cronista della vita parigina e della vita artistica del tempo diventa testimone dei grandi balli e dei sontuosi matrimoni del Dopoguerra.
In Portraits (1942-1961) scopriamo forse la parte meno conosciuta della sua opera, costituita dai numerosi ritratti, spesso realizzati su commissione. Davanti al suo obiettivo sfilano personaggi come Camus e Prévert, Tinguely e George Braque, e ancora Picasso, Dubuffet, Giacometti e altri nomi che influenzeranno il destino delle sue fotografie.
“Quello che cercavo di mostrare - ricorda Doisneau - era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere”.
Questo pensiero diventa spartito della sezione in mostra Une certaine idée du bonheur (1945-1961) dove la tenerezza si esplica in una danza improvvisata in strada come ne La Dernière Valse du 14 juillet, nel ritratto di un matrimonio o ancora nell’iconico Le Baiser de l’Hôtel de Ville.
Nello sguardo empatico di Doisneau in cui convivono fascino e malinconia si incontrano veggenti e sognatori, la giostra di Monsieur Barré, ferma sotto la pioggia, una donna che lavora a maglia sul lungofiume. Allora ci uniamo ai personaggi, a passi di Bebop, cercando di fare, come auspicava lo stesso Doisneau, un pezzo di strada assieme all’immagine.
“Le fotografie che mi interessano, quelle che trovo riuscite, sono quelle aperte, che non raccontano una storia fino alla fine, ma lasciano allo spettatore la possibilità di fare a sua volta un pezzetto di strada insieme all’immagine, di continuarla e concluderla a proprio piacimento: una specie di trampolino del sogno”.
Allestimento della mostra Robert Doisneau, Roma, Museo dell'Ara Pacis (28 maggio - 4 settembre)
La mostra dedica un’attenzione particolare all'accessibilità: per le persone con disabilità visiva è stato progettato, in collaborazione con il Museo Tattile Statale Omero, un percorso dedicato, con disegni a rilievo e apposite audiodescrizioni. Sarà inoltre disponibile un calendario di visite tattili gratuite, guidate da operatori specializzati.
Anche per il pubblico sordo saranno disponibili visite guidate gratuite alla mostra: gli ospiti saranno accompagnati da interpreti della Lingua dei Segni Italiana - LIS, servizio messo a disposizione dal Dipartimento Politiche Sociali e Salute - Direzione Servizi alla Persona di Roma Capitale e realizzato dalla Cooperativa Segni d’Integrazione – Lazio.
A corredo della mostra, il catalogo “Robert Doisneau” edito da Silvana Editoriale.
Leggi anche:
• Robert Doisneau
• Scatti di primavera: 10 mostre fotografiche da non perdere
Il maestro francese che seppe interpretare il mistero e la psicologia delle persone scavando nel volto malinconico di Mademoiselle Anita, in un bistrot parigino, in quello di un operaio della Renault o nello sguardo trasognato di una coppia in bicicletta, arriva a Roma con la terza “versione” della mostra Robert Doisneau, nella capitale dopo Rovigo e Aosta.
E non c’è solo il celeberrimo scatto che immortala il bacio della giovane coppia in place de l’Hôtel de Ville di Parigi a ripercorrere la carriera del maestro tra gli anni Trenta e Sessanta. A incantare il pubblico del Museo dell’Ara Pacis dal 28 maggio al 4 settembre saranno oltre 130 stampe ai sali d’argento in bianco e nero, in prestito dalla collezione dell’Atelier Robert Doisneau a Montrouge. È qui che l'artista ha stampato e archiviato le sue immagini per oltre cinquant’anni, ed è qui che si è spento nel 1994, lasciando un’eredità di quasi 450.000 negativi.
“Se c’è qualcuno che adoro, quello è Doisneau” diceva del suo collega il pioniere del fotogiornalismo Henri Cartier-Bresson.
Il motivo è tutto racchiuso nell’arioso percorso allestito all’Ara Pacis con il quale il curatore Gabriel Bauret snocciola al pubblico, ordinata in undici sezioni, una selezione di lavori di uno dei padri fondatori della fotografia umanista francese e del fotogiornalismo di strada.
Robert Doisneau, Mademoiselle Anita, cabaret «La Boule Rouge», rue de Lappe, Paris, 1950 © Robert Doisneau
Promossa e prodotta da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e Silvana Editoriale, l'esposizione è il racconto dell’essere umano al centro dell’immagine.
“Questa mostra - spiega Bauret - è sempre una sfida parecchio ambiziosa. Abbiamo l’impressione di conoscere bene Doisneau. Da un lato abbiamo le fotografie iconiche, come quella del celebre Bacio, dall’altro abbiamo le varianti di alcune immagini con le quali abbiamo pensato di accompagnare il pubblico della mostra in direzioni meno battute. Lungi dal volere essere una retrospettiva completa (cosa che sarebbe impossibile) la mostra nasce dalla precisa scelta di andare alla ricerca dello spirito di Doisneau, delle immagini meno note di questo “filosofo” pervaso da un umorismo sottile, evidente in alcune immagini. Un’infanzia difficile - dovuta anche alla morte della madre quando era piccolo, e a un padre non particolarmente affettuoso - influenzerà profondamente la sua persona”.
In questo viaggio, in perfetto equilibrio tra le immagini più celebri e gli scatti meno conosciuti, il pubblico è accolto dai Concierges (1945-1953), una serie di fotografie dedicate ai portinai di Parigi come Madame Augustin, poiché, come afferma Doisneau, “La vera Parigi non può essere concepita senza i suoi portinai”.
Attraversando Enfances (1934-1956), un omaggio all’infanzia, sembra di essere investiti dal vociare dei bambini che animano le strade della banlieu parigina. Molti di loro sono spesso complici delle intenzioni del fotografo, e lui si sente a suo agio in loro compagnia, come provano gli scatti che li vedono protagonisti fin dalla metà degli anni Trenta.
Robert Doisneau, Fox-terrier au Pont des Arts, Paris, 1953, © Robert Doisneau
La vita quotidiana e i duri inverni al tempo della guerra e dell’occupazione emergono invece dalla sezione Occupation et Libération (1940-1944), anche se in L’Après-Guerre (1945-1953), la rinascita del Dopoguerra vibra nel passo incerto di un bambino, negli abiti della festa delle ragazze di Dimanche matin o nei sorrisi sui volti di Les Habitants de la Rue du Transvaal.
Doisneau lavorò cinque anni nel reparto pubblicitario delle officine Renault, esperienza che gli permise di “conoscere il mondo di coloro che si svegliano presto” e i cui volti affollano alcuni scatti in mostra.
Se ne “le Théâtre de la rue”, nella scuola della strada, ben più ricca e accattivante di qualsiasi altra formazione scolastica, Doisneau trova una bellezza, un disordine e uno splendore che lo seducono, dal venditore ambulante di verdure al Pêcheur à la mouche sèche, in Mode et Mondanités (1950-1952) un Doisneau divenuto cronista della vita parigina e della vita artistica del tempo diventa testimone dei grandi balli e dei sontuosi matrimoni del Dopoguerra.
In Portraits (1942-1961) scopriamo forse la parte meno conosciuta della sua opera, costituita dai numerosi ritratti, spesso realizzati su commissione. Davanti al suo obiettivo sfilano personaggi come Camus e Prévert, Tinguely e George Braque, e ancora Picasso, Dubuffet, Giacometti e altri nomi che influenzeranno il destino delle sue fotografie.
“Quello che cercavo di mostrare - ricorda Doisneau - era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere”.
Questo pensiero diventa spartito della sezione in mostra Une certaine idée du bonheur (1945-1961) dove la tenerezza si esplica in una danza improvvisata in strada come ne La Dernière Valse du 14 juillet, nel ritratto di un matrimonio o ancora nell’iconico Le Baiser de l’Hôtel de Ville.
Nello sguardo empatico di Doisneau in cui convivono fascino e malinconia si incontrano veggenti e sognatori, la giostra di Monsieur Barré, ferma sotto la pioggia, una donna che lavora a maglia sul lungofiume. Allora ci uniamo ai personaggi, a passi di Bebop, cercando di fare, come auspicava lo stesso Doisneau, un pezzo di strada assieme all’immagine.
“Le fotografie che mi interessano, quelle che trovo riuscite, sono quelle aperte, che non raccontano una storia fino alla fine, ma lasciano allo spettatore la possibilità di fare a sua volta un pezzetto di strada insieme all’immagine, di continuarla e concluderla a proprio piacimento: una specie di trampolino del sogno”.
Allestimento della mostra Robert Doisneau, Roma, Museo dell'Ara Pacis (28 maggio - 4 settembre)
La mostra dedica un’attenzione particolare all'accessibilità: per le persone con disabilità visiva è stato progettato, in collaborazione con il Museo Tattile Statale Omero, un percorso dedicato, con disegni a rilievo e apposite audiodescrizioni. Sarà inoltre disponibile un calendario di visite tattili gratuite, guidate da operatori specializzati.
Anche per il pubblico sordo saranno disponibili visite guidate gratuite alla mostra: gli ospiti saranno accompagnati da interpreti della Lingua dei Segni Italiana - LIS, servizio messo a disposizione dal Dipartimento Politiche Sociali e Salute - Direzione Servizi alla Persona di Roma Capitale e realizzato dalla Cooperativa Segni d’Integrazione – Lazio.
A corredo della mostra, il catalogo “Robert Doisneau” edito da Silvana Editoriale.
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