Fino al 21 dicembre alla galleria M77

A Milano tutta la carriera di Giosetta Fioroni in 50 opere

Giosetta Fioroni. Speculum, Allestimento | Foto: © Lorenzo Palmieri
 

Samantha De Martin

01/10/2024

Milano - La lunga carriera di Giosetta Fioroni, esplorata attraverso il tema dello sguardo e della rappresentazione dell’alterità femminile, va in scena alla galleria M77 di Milano.
L’artista romana, classe 1932, si racconta nella mostra Giosetta Fioroni, Speculum, a cura di Cristiana Perrella, realizzata in collaborazione con la Fondazione Goffredo Parise e Giosetta Fioroni, e con l’artista stessa.
Le 50 opere esposte trovano il loro fulcro nel titolo che rimanda al celebre saggio di Luce Iragaray, Speculum. L’altra donna, pubblicato nel 1974, e nel quale la filosofa francese afferma la necessità di rappresentare e raccontare il mondo femminile secondo propri parametri e non come un’immagine riflessa del modello di riferimento tipicamente maschile.

“Speculum - spiega la curatrice - è lo specchio concavo che deforma e non rimanda una copia conforme a quel modello ma che invece convoglia la luce e illumina la femminilità più profonda nella sua diversità. Pur senza accenti militanti, l’opera di Fioroni ha sempre affermato questa differenza e la libertà che ne deriva. ‘Ho lavorato molto non sul femminismo ma sulla femminilità ha tenuto a precisare più volte. La sua è una femminilità autodeterminata e fuori dai canoni imposti dalle convenzioni sociali, che vengono anzi decostruite e criticate con ironia, come nella sua famosa installazione performativa La spia ottica, del 1968 in cui una giovane donna nella sua stanza (alter ego dell’artista) viene guardata nelle sue attività dagli spettatori attraverso uno spioncino”.


Giosetta Fioroni. Speculum, Allestimento | Foto: © Lorenzo Palmieri

La pittrice i cui lavori hanno come matrice comune l’infanzia vissuta tra elementi molto legati alla visionarietà, l’artista che mette a confronto due mondi, la società dei costumi e la fiaba, l'industria culturale e il mondo dei folletti della terra e i giochi dell'infanzia, avanza in mostra attraverso tre sezioni. La prima, intitolata “Guardare” racchiude una serie di Argenti realizzati nel corso degli anni Sessanta, dopo un lungo soggiorno a Parigi, dove spiccano stesure di smalto di alluminio come unico intervento pittorico sulla tela o sulla carta, accostato a segni di matita.
Più vicino agli Specchi di Tano Festa che ai primi quadri specchianti di Pistoletto, l’uso dell’argento per Fioroni è necessario per smaterializzare l’immagine, tracciata come una silhouette. I soggetti, dei quali Fioroni coglie il carattere iconico, sono quasi sempre femminili, spesso tratti dai mass media o dalla storia dell’arte. L'artista ne coglie il carattere iconico per decostruirlo attraverso non solo l’uso del colore metallico e le rifrazioni da questo generate, ma anche il gioco di moltiplicazione e ingrandimenti che eredita dalla passione per il cinema. Agli Argenti sono accostati tre brevi film in 16mm realizzati tra il 1967-68 che approfondiscono in altra direzione il tema dello sguardo sulle donne e sul rapporto maschile-femminile.


Giosetta Fioroni. Speculum, Allestimento | Foto: © Lorenzo Palmieri

Gli autoritratti, che rappresentano diversi e successivi momenti del percorso dell’artista, sono al centro della seconda sezione, Guardarsi, dove si incontrano opere come Autoritratto a sette anni (1971-72), o lascultura Giosetta con Giosetta a nove anni (2002), per arrivare alle fotografie della serie Senex realizzata nel 2002 con Marco Delogu, in cui l’artista si fa ritrarre evidenziando le trasformazioni operate dal tempo su di sé. Spetta alla terza e ultima sezione, intitolata Esser guardata, presentare una serie di ritratti fotografici di Giosetta Fioroni realizzati da diversi autori, da Mario Dondero a Ugo Mulas a Elisabetta Catalano, che tessono una sorta di sua biografia per immagini testimoniando al tempo stesso un’altra direzione dello sguardo sul soggetto femminile di cui l’artista in questo caso si fa oggetto.
Nelle foto Fioroni compare a volte con la macchina fotografica al collo o nell’atto di guardare il soggetto che dipinge, in una sorta di consapevole gioco di specchi.