Arte e cultura
Galleria Borghese: tutto quello che c'è da sapere
La facciata di Galleria Borghese.
Gianni Pittiglio © 2017 ARTE.it per Nozio Business
27/07/2017
La palazzina fuori porta Pinciana, sorta all’interno dei possedimenti Borghese alla fine del XVI secolo e rimasta di proprietà della famiglia fino al 1902, quando passò allo Stato, è sempre stata uno scrigno di tesori artistici incredibili.
La sua trasformazione da semplice casino di caccia a spettacolare contenitore di opere d’arte si deve a Scipione Borghese, nipote di quel Paolo V la cui elezione a pontefice decretò l’ascesa sociale della potentissima famiglia.
Scipione chiamò gli architetti Flaminio Ponzio e Giovanni Vasanzio, di origini fiamminghe, a progettare e a realizzare l’edificio così come oggi lo ammiriamo.
Gli espedienti del Collezionista
Scipione Borghese, uno dei collezionisti più importanti di tutto il Seicento, ricorse a ogni espediente per accumulare le opere d’arte che impreziosirono la sua collezione. Solo per ricordare un paio di casi clamorosi, si appropriò della collezione del pittore Giuseppe Cesari, meglio noto come Cavalier d’Arpino, sfruttando una sua bega giudiziaria e sequestrandogli i dipinti come cauzione.
Inoltre fece rubare la cosiddetta Deposizione (si tratta in realtà di un Trasporto di Cristo) di Raffaello dalla cappella Baglioni nella Chiesa di San Francesco a Perugia, con l’aiuto di alcuni frati conniventi.
La feluca di Caravaggio
Un’altra storia affascinante è quella che portò lo splendido David con la testa di Golia ad arricchire la collezione. Il dipinto, completato da Caravaggio nel 1609, infatti, venne inviato da Napoli a Scipione Borghese dallo stesso artista come ultimo atto per l’ottenimento della grazia papale e l’annullamento della condanna a morte che pendeva sulla sua testa dopo l’omicidio di Ranuccio Tomassoni. L’artista, nell’attesa di poter rientrare a Roma, continuò a viaggiare e, dopo Malta, Sicilia e Napoli, raggiunse con la celebre feluca Porto Ercole, ma qui morì per un’infezione malcurata proprio a un passo dalla libertà.
L’iconografia del dipinto è una conferma dell’obiettivo insito nell’opera: Caravaggio si autoritrae nella testa mozzata del gigante, mentre sulla lama della spada di David si legge "H-AS OS", sigla che riassume il motto agostiniano Humilitas Occidit Superbiam (l'umiltà uccide la superbia), evidente messaggio di sottomissione.
I capolavori della Galleria e i richhi depositi
Impossibile citare tutti capolavori conservati nella galleria, ma per capire l’enorme patrimonio basti pensare che qui, oltre alle opere già citate è possibile vedere Il Ratto di Proserpina, David, Enea e Anchisee Apollo e Dafne di Bernini; la Paolina Borghese di Canova; Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano; La dama col liocorno di Raffaello; la Danae di Correggio; Il ragazzo con la canestra di frutta, Il bacchino malato, La Madonna dei Palafrenieri di Caravaggio, e altre opere di Antonello da Messina, Botticelli, Lotto, Bronzino, Rubens, Domenichino, Dosso Dossi.
E a chi tutto questo non bastasse, con una semplice richiesta, è possibile ammirare anche i ricchi depositi del museo che, tra gli altri, conservano opere di Sebastiano del Piombo, Parmigianino, Bassano, Lavinia Fontana, e tanti altri.
La sua trasformazione da semplice casino di caccia a spettacolare contenitore di opere d’arte si deve a Scipione Borghese, nipote di quel Paolo V la cui elezione a pontefice decretò l’ascesa sociale della potentissima famiglia.
Scipione chiamò gli architetti Flaminio Ponzio e Giovanni Vasanzio, di origini fiamminghe, a progettare e a realizzare l’edificio così come oggi lo ammiriamo.
Gli espedienti del Collezionista
Scipione Borghese, uno dei collezionisti più importanti di tutto il Seicento, ricorse a ogni espediente per accumulare le opere d’arte che impreziosirono la sua collezione. Solo per ricordare un paio di casi clamorosi, si appropriò della collezione del pittore Giuseppe Cesari, meglio noto come Cavalier d’Arpino, sfruttando una sua bega giudiziaria e sequestrandogli i dipinti come cauzione.
Inoltre fece rubare la cosiddetta Deposizione (si tratta in realtà di un Trasporto di Cristo) di Raffaello dalla cappella Baglioni nella Chiesa di San Francesco a Perugia, con l’aiuto di alcuni frati conniventi.
La feluca di Caravaggio
Un’altra storia affascinante è quella che portò lo splendido David con la testa di Golia ad arricchire la collezione. Il dipinto, completato da Caravaggio nel 1609, infatti, venne inviato da Napoli a Scipione Borghese dallo stesso artista come ultimo atto per l’ottenimento della grazia papale e l’annullamento della condanna a morte che pendeva sulla sua testa dopo l’omicidio di Ranuccio Tomassoni. L’artista, nell’attesa di poter rientrare a Roma, continuò a viaggiare e, dopo Malta, Sicilia e Napoli, raggiunse con la celebre feluca Porto Ercole, ma qui morì per un’infezione malcurata proprio a un passo dalla libertà.
L’iconografia del dipinto è una conferma dell’obiettivo insito nell’opera: Caravaggio si autoritrae nella testa mozzata del gigante, mentre sulla lama della spada di David si legge "H-AS OS", sigla che riassume il motto agostiniano Humilitas Occidit Superbiam (l'umiltà uccide la superbia), evidente messaggio di sottomissione.
I capolavori della Galleria e i richhi depositi
Impossibile citare tutti capolavori conservati nella galleria, ma per capire l’enorme patrimonio basti pensare che qui, oltre alle opere già citate è possibile vedere Il Ratto di Proserpina, David, Enea e Anchisee Apollo e Dafne di Bernini; la Paolina Borghese di Canova; Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano; La dama col liocorno di Raffaello; la Danae di Correggio; Il ragazzo con la canestra di frutta, Il bacchino malato, La Madonna dei Palafrenieri di Caravaggio, e altre opere di Antonello da Messina, Botticelli, Lotto, Bronzino, Rubens, Domenichino, Dosso Dossi.
E a chi tutto questo non bastasse, con una semplice richiesta, è possibile ammirare anche i ricchi depositi del museo che, tra gli altri, conservano opere di Sebastiano del Piombo, Parmigianino, Bassano, Lavinia Fontana, e tanti altri.
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