Fino al 25 giugno al Brescia Photo Festival

"Luce della montagna", la fotografia che conquista le vette

Vittorio Sella, Ultimo picco del Cimon della Pala (San Martino di Castrozza), 26 agosto 1891 | Courtesy Fondazione Sella, Biella
 

Francesca Grego

28/03/2023

Brescia - Un viaggio alla scoperta delle vette più spettacolari del pianeta, dalle Alpi al Caucaso, dall’Himalaya al Ruwenzori, fino alle Ande e alle selvagge catene del West Americano. Si presenta così Luce della Montagna, la più grande esposizione mai allestita sulla fotografia in alta quota, al Museo di Santa Giulia di Brescia fino al prossimo 25 giugno. Quattro straordinari maestri dell’obiettivo - Vittorio Sella, Ansel Adams, Martin Cambi e Axel Hütte - restituiscono in 120 immagini la potenza del paesaggio e dell’ambiente d’altura, ma anche l’avventurosa evoluzione della fotografia di montagna tra la fine dell’Ottocento e i nostri giorni.

Appuntamento di spicco del Brescia Photo Festival 2023, la mostra si innesta su uno dei pilastri del progetto Brescia Capitale della Cultura, ovvero la Città/Natura. “Il paesaggio montano unisce Brescia e Bergamo, anch’essa Capitale della Cultura 2023”, spiega Francesca Bazoli, presidente di Fondazione Brescia Musei: “Con la mostra Luce della Montagna, la montagna invade la città. Il paesaggio montano è dentro il cuore degli abitanti, è un tesoro nascosto. Ci sono valori che la montagna insegna: fatica e pazienza che sono nel DNA dei bresciani. La montagna illumina tesori nascosti che sono dentro di noi”. 


Luce della montagna I Courtesy Fondazione Brescia Musei

A cura di Filippo Maggia, Luce della Montagna si presenta come un mosaico di quattro monografiche e si apre idealmente con 40 scatti di Vittorio Sella, un autentico pioniere. Alpinista, fotografo ed esploratore tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, Sella stupisce per la qualità e l’impatto delle sue immagini: scatti in bianco e nero di una bellezza mozzafiato, spaventosamente nitidi e ricchi di dettagli, realizzati in condizioni al limite della sopravvivenza con le attrezzature di oltre 100 anni fa. “Vittorio Sella è stato un precursore che ha aperto la strada ai fotografi che gli sono succeduti. Nelle sue opere si rivela un riuscita sintesi tra qualità documentaria e artistica”, racconta Angelica Sella, presidente della Fondazione Sella: “Il padre era uno studioso e aveva pubblicato il primo manuale di fotografia. Lo zio Quintino Sella aveva fondato il CAI. Nel 1879, a vent’anni, si dedica alla fotografia. Tra il 1889 e il 1896 compie ben tre spedizioni nel Caucaso in autonomia. Poi è al seguito del Duca degli Abruzzi nelle numerose spedizioni in Alaska, sul K2, sul Ruwenzori”. Tra le chicche della mostra bresciana c’è un’immagine memorabile, che Sella scattò dal campo da cui Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sarebbero partiti per conquistare, primi nella storia, la vetta del K2. 


Vittorio Sella, Monte Ushba al levare del sole dal Monte Mesi a Ovest di Mazeri, Soanezia (29 settembre) I Courtesy Fondazione Sella, Biella

Anche Ansel Adams, un gigante della fotografia novecentesca, lo considera un maestro. “La purezza delle interpretazioni di Sella”, afferma il fotografo statunitense, “suscita nello spettatore una meraviglia che ha che fare con il sacro”. E poi: “Sella ha rivelato le montagne nella loro assoluta maestà”. Al Museo di Santa Giulia Adams ci parla attraverso 30 eccezionali fotografie scattate a metà del XX secolo tra le rocce selvagge del West. La sua è una natura incontaminata, primitiva, quasi eroica. “La straordinaria capacità di Adams emerge nella lettura del paesaggio e nella raffinatezza della ripresa e della stampa”, spiega il curatore Filippo Maggia: “Adams rivelerà nel corso della sua vita il suo lato ambientalista. A 16 anni compie il primo viaggio con i genitori nello Yosemite Park, che diventerà il luogo della sua indagine, un vero e proprio territorio di caccia. Negli anni Ottanta inviterà a più riprese il governo di Reagan a difendere i parchi, invece di disboscare”.


Ansel Adams, Pinnacles, Alabama Hills, 1945 I Courtesy Fondazione di Modena - FMAV Fondazione Modena Visive © The Ansel Adams Publishing Rights Trust

Anche per il peruviano Martin Chambi fotografare la montagna non dev’essere stato semplice. Siamo nei primi decenni del Novecento. Chambi, indigeno e autodidatta, trasporta le sue lastre di vetro su e giù per le Ande a dorso di mulo. Regalerà al mondo le prime vedute di siti straordinari come Macchu Picchu, Pisac, Kenko, Sacsayhuamán e documenterà la vita delle popolazioni andine in un racconto etnografico di valore inestimabile. “Martin Cambi appartiene a una corrente antropologica che studia l’antica civiltà di Cuzco. Un uomo di montagna che ritrasse la cordigliera orientale del Perù e i suoi impressionante vulcani”, racconta Roberto Chambi, presidente della fondazione intitolata al grande fotografo: “Ha conservato molto materiale: negativi e stampe, album di artisti, appunti, diari. Il suo archivio è composto da oltre 40 mila negativi di vetro e materiale plastico. Una collezione centenaria che oggi è oggetto di tutela, studio, digitalizzazione, curatela”. Le 40 immagini esposte in Luce della Montagna sono state stampate per l’occasione a partire dalle lastre di vetro originali. 


Martin Chambi, Senza titolo, Machu Picchu, 1928 circa © Asociacion Martin Chambi

Con le fotografie di Axel Hütte (Essen, Germania, 1951) la montagna si fa pienamente contemporanea. Tra i protagonisti della Düsseldorf Academy, Hütte è un instancabile viaggiatore, camminatore e ciclista, un perfezionista della fotografia analogica paziente e tenace proprio come gli uomini delle vette. La sua è una lettura architettonica della montagna, dei suoi volumi che si collocano fra terra e cielo come monumenti naturali. Negli scatti di Hütte a volte i picchi innevati sembrano fantasmi, catturati dopo lunghi appostamenti in attesa delle condizioni atmosferiche propizie. Con un meticoloso lavoro di ricerca, il fotografo tedesco porta lo spettatore dentro l’opera, in scenari sospesi, irrisolti. Al Museo di Santa Giulia lo sperimentiamo in 20 immagini di grande formato (150 x 200 cm) raccolte ai quattro angoli del mondo, compreso lo Yosemite Park caro ad Adams. I visitatori della mostra troveranno anche una serie di scatti inediti realizzati per l’occasione sulle Alpi, dall’Adamello alla Presanella: due di queste opere resteranno qui per sempre, acquistate da Fondazione Brescia Musei. 


Axel Hütte, Monte Spinale, 2022 © Axel Hütte

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