Le Storie dell'Arte - Cinque lezioni con filosofi, compositori, artisti, coreografi e scrittori internazionali per conoscere e comprendere i linguaggi espressivi della creatività contemporanea
Dal 12 Marzo 2016 al 21 Maggio 2016
Roma
Luogo: MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo
Indirizzo: via Guido Reni 4A
Orari: 11.30-13.30
Costo del biglietto: ingresso € 5, ingresso 5 incontri € 20, gratuito per i titolari myMAXXI. L’acquisto del biglietto dà diritto ad un ingresso ridotto al museo (€8) entro una settimana dall’emissione
Telefono per informazioni: +39 06 3201954
E-Mail info: info@fondazionemaxxi.it
Sito ufficiale: http://www.fondazionemaxxi.it/
Sabato 12 marzo 2016, 11:30 - 13:30
Nella danza, intesa come quintessenza di ogni forma di postura scenica, a venire “composto” è il corpo. Nel secondo incontro si parlerà delle “interrogazioni alle vertebre”, un’espressione ricorrente nei titoli di Virgilio Sieni. Sulla scena il corpo interroga i propri limiti, ridefinisce le proprie funzioni, è costretto a inventare se stesso – così sottraendosi alla schiavitù delle abitudini, delle mansioni, dei ruoli. Come ha scritto Giorgio Agamben, «possiamo fare esperienza delle nostre facoltà solo nel punto in cui qualcosa le intralcia e impedisce» – come nella composizione che è, sempre, una de-limitazione delle nostre facoltà: «è proprio e soltanto quando qualcosa ci tappa la bocca che ci accorgiamo di che cosa significa parlare».
Virgilio Sieni è uno dei protagonisti della danza contemporanea europea. Nel 2013 diventa direttore della Biennale di Venezia – Settore Danza e viene nominato Chevalier de l’ordre des arts et de lettres dal Ministro della cultura francese. Rappresenta l’Italia sia a Marsiglia Capitale Europea della Cultura 2013 con il progetto Arte del gesto nel Mediterraneo sia a Bruxelles per il Semestre Italiano di Presidenza dell’Unione Europea 2014 con il progetto Vita Nova. Nel 2015 realizza per la Fondazione Prada di Milano Atlante del gesto.
Sabato 09 aprile 2016, 11:30 - 13:30
Insieme a quello dell’architettura, il termine composizione evoca immediatamente il linguaggio della musica. Nel terzo appuntamento si parte dalla domanda che Salvatore Sciarrino pone nel brano intitolato Come vengono prodotti gli incantesimi?. “Incantesimi” sono per Sciarrino i brani dedicati allo strumento la cui funzione egli ha più contribuito a ridefinire: il flauto. Di questo come di altri dispositivi sonori, il “compositore” per prima cosa rimette in discussione tecnica e prassi esecutiva, ricomponendo – insieme all’effetto acustico – l’immaginario simbolico. In ogni esecuzione si incontrano antico e nuovo, potenza e atto, dato e “darsi”. Appartiene alla natura della musica resuscitare, ogni volta, la traccia scritta della composizione riconsegnandola, sempre, a un nuovo principio.
Salvatore Sciarrino prevalentemente autodidatta, propugna una tecnica basata su un’animazione timbrica e una trasformazione del suono pur utilizzando strumenti tradizionali. È stato direttore artistico del Comunale di Bologna e ha insegnato composizione nei conservatori di Milano, Perugia e Firenze. Ha vinto numerosi premi, tra gli ultimi: Prince Pierre de Monaco (2003), il Premio Internazionale Feltrinelli (2003), il Musikpreis Salzburg (2006) e infine a Madrid gli è stato attribuito il 2011 BBVA Foundation Frontiers of knowledge Award.
Sabato 07 maggio 2016, 11:30 - 13:30
Al principio di un certo modo di lavorare sull’immagine c’è un’immagine non la realtà che abbiamo davanti agli occhi. Nel quarto incontro si affronta il tema della composizione filmica partendo dal tecnicismo found footage utilizzato da Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi allude al procedimento del “trovare” qualcosa in un’immagine che già esiste, un procedimento che implica, da un lato, un certo esporsi alla contingenza all’hasard (si è trovato quello spezzone, in quella circostanza), dall’altro – al contrario – una forte volontà di risignificazione attraverso l’uso del colore e del suono o la manipolazione del tempo. Ed è proprio la dialettica del tempo – dei tempi – a venire in primo piano: fra il significato che una determinata immagine aveva, nel tempo in cui venne realizzata, e quello che assume oggi, nel venire riproposta. Una dialettica che comporta interrogativi, forse prima che estetici, etici e politici.
Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, lui d’origine armena, lei romagnola, vivono e lavorano insieme dagli anni Settanta. Esordiscono con delle performance scritte per “film profumati”, successivamente si interessano artigianalmente alle ricostruzioni di vecchi film raccolti dalla loro collezione, che hanno ingrandito, reinquadrato e rallentato nel loro scorrimento, rimontandoli secondo logiche inedite. Il loro lavoro ha saputo creare un tipo di cinema che non è soltanto racconto e poesia, ma che propone anche un contributo di critica e di analisi. Da più di trent’anni espongono in grandi festival, biennali e musei internazionali.
Sabato 21 maggio 2016, 11:30 - 13:30
Il termine composizione, in letteratura, viene di norma associato, anziché alla narrativa, alla poesia. Ma se anziché da quest’ultima il concetto e il termine di composizione lo si associa all’architettura, ecco che si entra in una metafora della “costruzione” narrativa. Nell’ultimo appuntamento ci si interroga su come gli equilibri strutturali e l’ornamento dell’esecuzione entrano di volta in volta in conflitto o in armonia, mentre una dialettica fondamentale diviene subito quella tra il “dentro” e il “fuori”. Ma, di fronte a una costruzione – sia essa fatta di mura o di parole – è il caso di interrogarsi se essa ci appartenga (e dunque le apparteniamo) o meno.
Tommaso Pincio (Roma, 1963) è autore di vari romanzi tra cui Un amore dell’altro mondo e Cinacittà (pubblicati da presso Einaudi) e il più recente Panorama uscito per Enne Enne Editore e vincitore del premio Sinbad 2015 per la narrativa italiana. Ha alle spalle una formazione artistica e ha diretto per molti anni la galleria romana di Gian Enzo Sperone. Il suo ultimo libro, Scrissi d’Arte, uscito nella collana Nuovoformato curata da Andrea Cortellessa per L’Orma editore, può essere inteso come una sorta di consuntivo della sua frequentazione della scena artistica contemporanea
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