All’alba del Novecento, gli artisti italiani alla corte del Siam

Viaggi d’arte – Sulle ali del tempo, il volto italiano di Bangkok

By Paul_012 (Own work) [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons | Galileo Chini, decorazione del Palazzo del Trono del Siam
 

Francesca Grego

12/10/2017

Mondo - L’avreste mai detto che una grande pagina della storia artistica di Bangkok fosse stata scritta da architetti, pittori e decoratori italiani? Proprio così. Tra i grattacieli e i canali della capitale thailandese le soprese non finiscono mai.
 
La storia ha inizio all’inizio del XX secolo da un viaggio in Europa di re Chulalong-korn, noto anche come Rama V: dall’amicizia del sovrano con la regina Elena, dalla sua ammirazione per l’eleganza di Torino e per le opere d’arte viste alla Biennale di Venezia.
O, per essere più pragmatici, dalla necessità di accrescere il prestigio e salvaguardare l’indipendenza del Regno di Thailandia, stretto tra le colonie francesi dell’Indocina e quelle inglesi di Birmania e Malesia.
 
Completamente estranea alle vicende del Sud-Est asiatico, con la sua luminosa tradizione artistica l’Italia si presentava come un partner ideale per il Rinascimento del Siam che il re aveva in mente.
Ingegneri, architetti, pittori, decoratori giunsero in gran numero a Bangkok dal Piemonte e dalla Toscana, per trasformarla in una magnifica capitale al passo con i tempi: palazzi, templi, monumenti celebrarono la grandezza della dinastia Chakri, mentre nuove strade, ponti, stazioni disegnavano il volto del progresso.
 
È sorprendente constatare l’ottimo stato di conservazione di cui gran parte di queste opere gode tuttora: segno di una considerazione sopravvissuta al tempo e alle mode.
 
Tesori eclettici: ville, templi e palazzi
Tra i risultati più sorprendenti di questa gloriosa stagione, spicca l’Anantasamakhom, il Palazzo del Trono del Siam: un grandioso esempio di eclettismo, in cui gli stili e il gusto locale si fondono armoniosamente con il neoclassicismo occidentale. Se nell’esterno in marmo di Carrara è ben visibile l’influenza della Basilica torinese di Superga, amata dall’architetto Annibale Rigotti, l’interno è un tripudio di affreschi, stucchi e oro zecchino.
 
Per edificare il palazzo sul suolo acquitrinoso dei Tropici fu necessaria tutta l’inventiva di un ingegnere come Giovanni Gollo, mentre fu il toscano Galileo Chini a decorare i sontuosi interni in soli 30 mesi: gli affreschi che celebrano la storia della dinastia di Rama V sono il documento dell’entusiasmo del loro autore verso la tradizione artistica e la cultura siamese.
 
Altra perla della Corona Chakri è Villa Norasingh, attuale Government House. Ispirato alle architetture gotiche della veneziana Ca’ d’Oro, il palazzo è uno scrigno di stucchi, marmi e dipinti, reso ancora più prezioso dal superbo scalone d’onore e dall’oro del soffitto a cupola del salone.
 
Scriveva Cesare Ferro, tra gli artefici delle decorazioni interne: “Venezia d’Oriente fu definita Bangkok per la serie di canali che intersecano la città, ma più che per la dovizia delle sue architetture dovrebbe essere paragonata alla nostra gemma dell’Adriatico per i monumenti incomparabili ove rifulge la sapienza degli architetti siamesi e la raffinata delicatezza del loro gusto”.
Un’ammirazione reciproca dunque, condivisa dalla maggior parte degli artisti che, rientrati in Italia dopo aver terminato il lavoro, conservarono per la Thailandia una struggente nostalgia.
 
E ancora, l’incanto Art Nouveau di Villa Ambara, adorna di arredi raffinati e ricchi dipinti murali, gli aerei padiglioni del Cha-am Summer Palace affacciato sul mare e il sincretismo di Palazzo Ban Phi Boon, dove putti musicanti e cieli “azzurro Tiepolo” sposano l’epopea mitologica del Ramakien.
 
Alla straordinaria fioritura artistica non restano estranei i luoghi di culto, a partire dall’apparato decorativo di un’attrazione come il Marble Temple, costruito con marmi italiani e impreziosito dalle sculture di Ercole Manfredi.
 
Fuori dai circuiti del turismo di massa, un gioiello da non lasciarsi sfuggire è il tempio di Bat Ratchativas, affrescato da Carlo Rigoli con le scene della vita di Buddha volute dal principe Naris. Qui l’arancio della tradizione buddista incontra un afflato spirituale che va ogni confine geografico, mentre la perizia e il background artistico del pittore toscano sposano la tradizione locale con esiti di sorprendente armonia.
 
Paesaggi del quotidiano: ponti e monumenti urbani
L’anima italiana di Bangkok si annida anche in luoghi di studio, di lavoro e quotidianità urbana. Basta fare un giro per le strade della città per rendersene conto: stazioni, università, sedi bancarie, monumenti sono testimoni di un affascinante intreccio di relazioni.
 
L’opera di ingegneri, architetti e decoratori nostrani si nasconde in ponti solenni come il Pan Fa Li La e il Pi Pob Li La, affacciati sui caratteristici canali della capitale, o come il Mahadthaiuthit Bridge, adorno delle sculture neoclassiche di Vittorio Novi, o ancora nell’elaborato ponte rosso lacca che ricorda Rama V presso il Marble Temple.
 
L’Ospedale della Croce Rossa, l’edificio del Museo della Polizia, la prestigiosa Università di Chulalongcorn raccontano una storia di cultura e di riscatto attraverso edifici e decorazioni di fattura italiana, come pure la King’s Railway Central Station e altre stazioni ferroviarie.
Nella sede della Banca di Thailandia, invece, gli affreschi preraffaeliti di Carlo Rigoli richiamano alla mente i tempi in cui il palazzo era la residenza del principe Paribatra.
 
Corrado Feroci e l’arte moderna tailandese
Nell’insieme degli scambi artistici che hanno gettato un ponte tra Italia e Thailandia c’è una storia che supera ogni aspettativa: è quella di Corrado Feroci, noto come Silpa Bhirhasri nella Venezia d’Oriente.
 
Giunto a Bangkok nel 1923 come semplice insegnante di scultura, Feroci fece della Thailandia la sua nuova patria ed è tuttora commemorato ogni anno nell’Accademia di Belle Arti della capitale con una cerimonia solenne, tra incenso e ghirlande di fiori.
Il motivo? È presto detto: non gli bastò divenire scultore ufficiale della Casa Reale, ma si impegnò talmente a fondo nella formazione di una nuova leva di artisti, nella teorizzazione di un’estetica che non dimenticasse la storia e il genius loci e nella sua promozione all’estero, da essere considerato il padre dell’arte moderna tailandese.
 
Le strade e i parchi di Bangkok sono disseminati delle sue creazioni, dalle statue di re Taksin, Rama I, Rama V e Rama VI all’impressionante Monumento alla Democrazia e al Monumento alla Vittoria, mentre a 50 chilometri dalla città, nel Phutthamonthon Buddhist Park, si trova una delle sue sculture più famose, l’imponente Buddha di Nakhon Pathom, disegnato nel 1955 e realizzato solo nel 1981.
 
Per conoscere in profondità la figura di Feroci, una tappa d’obbligo è il Silpa Bhirhasri Memorial Museum, ospitato dall’edificio dove un tempo si trovava lo studio dell’artista.
Qui, tra arredi originali e oggetti personali del maestro, è possibile ammirare anche opere intime, prive degli intenti celebrativi tipici delle commissioni reali e documento del graduale processo di sincretismo culturale che caratterizzò l’opera dello scultore, oltre a preziose fotografie che ritraggono le diverse fasi del suo lavoro.
E per finire, una selezione dei prodotti dei migliori allievi di Bhirhasri, primi frutti di un raccolto destinato a moltiplicarsi nel tempo.

Per approfondire l'argomento, si rimanda al bel volume "Italiani alla Corte del Siam" degli autori Leopoldo Ferri de Lazara (Ambasciatore d'Italia in Thailandia, Laos e Cambogia) e Paolo Piazzardi (Responsabile della Sezione Culturale dell'Ambasciata d'Italia).
 
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