150 opere, 17 sezioni: fino al 15 marzo a Gallerie d'Italia
Canova e Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna

Antonio Canova, Le Grazie, 1812 – 1816, marmo, 182 x 103 x 46 cm
San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage, Photograph © The State Hermitage Museum, 2019
Eleonora Zamparutti
22/10/2019
La grande mostra Canova | Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna che inaugura il 25 ottobre a Milano, viene annunciata in una stanza del complesso di edifici in capo a Gallerie d’Italia, le cui pareti sono decorate da una serie di straordinarie sculture di Antonio Canova.
Si tratta di bassorilievi in gesso, realizzati tra il 1787 e il 1796, che hanno per oggetto temi relativamente poco trattati nella storia dell’arte, ispirati alla mitologia classica, ed episodi della storia antica, come la morte di Socrate. Lavori che facevano parte della Fondazione Cariplo e che oggi sono confluiti nel patrimonio di Gallerie d’Italia.
Un piccolo e raffinato assaggio di quello che sarà.
Ci sono varie ragioni per considerare la mostra alle Gallerie d’Italia qualcosa di esemplare: per l’originalità del taglio della storia, per il rigore della ricerca e della documentazione, per l’importanza dei prestiti e per la prospettiva distrettuale. Cominciamo da quest’ultimo punto. Canova avrà infatti un’estensione alla vicina GAM – Galleria d’Arte Moderna dove si svolgerà Canova. I volti ideali, un prezioso percorso che per la prima volta ricostruisce la genesi e l’evoluzione delle celebri “teste ideali” del campione neoclassico.
Il ponte tra due istituzioni, una privata e l’altra pubblica, è un fiore all’occhiello per l’amministrazione comunale che insiste da anni per dare alla città un’ottica sistemica e sinergica, dove la convergenza di progettazione è a tutti gli effetti un’eredità della cultura locale, di stampo ambrosiano. Un esempio per il paese.
E’ la prima volta che Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen vengono messi a confronto. E in questo sta l’originalità della mostra.
I due grandi contemporanei e rivali, celebrati come i veri padri della scultura moderna, si incontrano a distanza di oltre 200 anni a Milano. Merito di un incessante lavoro da parte dei curatori della mostra, Fernando Mazzocca e Stefano Grandesso che da anni portano avanti la ricerca e gli studi sulla scultura dell’ ‘800 e che si sono cimentati con la più ambiziosa mostra di scultura mai realizzata.
“Si tratta di una mostra impegnativa” afferma il professore Fernando Mazzocca durante la conferenza stampa. “La scultura è difficile da movimentare. Siamo riusciti a raccogliere capolavori provenienti da tutto il mondo, dalla California alla Polonia, dalla Gran Bretagna alla Lituania, alla Spagna. Una vera e propria geografia universale che ben rappresenta l’universalità della scultura di Canova e di Thorvaldsen.”
Accanto allo sforzo produttivo, c’è stato un importante contributo scientifico da parte di una serie di collaboratori dei musei coinvolti - tra cui Getty Museum, Ermitage, Versailles -, che hanno prodotto numerosi articoli e schede per il catalogo.

Ditlev Conrad Blunck, Artisti danesi all’osteria La Gensola a Trastevere, 1837. olio su tela, 74,5 x 99,4 cm Copenaghen, Thorvaldsens Museum, www.thorvaldsensmuseum.dk
La mostra inaugura in un momento propizio per accogliere la portata europea dell’arte di primo Ottocento. “Vi è una dimensione europea e universale di questa scultura prodotta proprio in Italia, a Roma all’inizio dell’800” continua Mazzocca.
Il racconto della mostra è incentrato sulla storia vincente di una sfida tra due artisti, Canova e Thorvaldsen, che coinvolse il pubblico dell’Europa intera e che ebbe come teatro la Roma durante i primi vent’anni dell’Ottocento.
Canova era arrivato nella città del papa da Venezia nel 1781, il danese Thorvaldsen era giunto nel 1797 dalla Danimarca.
La sfida tra i due aprì il nuovo secolo e si giocò sul campo della statuaria eroica. Thorvaldsen modellò il suo Giasone sull’esempio del Perseo di Canova che a sua volta si ispirava all’ellenistico Apollo del Belvedere.
Quando Thorvaldsen giunse a Roma, Canova era un artista affermato e di lì a poco sarebbe diventato un personaggio chiave della storia d’Europa tra la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche.
Antonio Canova aveva preso a modello gli antichi, creando un modello di bellezza capace di sfidare i secoli e il tempo. Tuttavia la critica presto lo ha detronizzato, mentre il pubblico non ha mai cessato di amare le sue opere.
La mostra è una produzione colossale: 150 opere divise in 17 sezioni con affondi in varie direzioni. Il perno attorno al quale muove la narrazione è la sfida sui temi universali intorno a cui si ingaggiano le due star della scultura europea dell’epoca. Ma poi si snodano varie pagine di approfondimento intorno alla vita dei due artisti.
Il confronto tra le diverse indoli mette in risalto, attraverso i ritratti e gli autoritratti, l’aspetto gracile e il carattere introverso di Canova, un uomo che soffriva di calvizie (secondo le fonti, Foscolo non sopportava le sue parrucche) e che ebbe una vita sentimentale molto circoscritta, contro l’avvenenza del nordico Thorvaldsen, ragazzo dalla folta chioma, estroverso, che amava le donne.
Il confronto prosegue sul piano della diversa fortuna che ebbero in vita e la differente maniera di essere celebrati.
Entrambi gli artisti si erano confrontati con gli orrori della storia e il malessere della vita, e tutti e due avevano lanciato la loro sfida intorno alla bellezza.
“Il grande merito di Canova è stato quello di aver portato il patrimonio immaginativo classico al presente e di averlo consegnato ai posteri” afferma Stefano Grandesso. “L’arte di Canova era animata da una grande utopia. Thorvaldsen emula la grande impresa di Canova proponendo un modello di grazia e bellezza alternativo a quello del maestro.”

Antonio Canova, Amore e Psiche stanti, 1800 – 1803, marmo, 150 x 49,5 x 60 cm, San Pietroburgo Museo Statale Ermitage, Photograph © The State Hermitage Museum, 2019
Con Canova nasce la scultura moderna che per la prima volta nella storia si smarca dalla committenza attraverso l’impiego di un’esecuzione tecnica che prevedeva vari passaggi dai bozzetti al prototipo in gesso prima di passare alla sbozzatura del marmo. Antonio Canova fu uno dei primi scultori a ideare opere senza un committente.
Nel grande salone centrale, attorno cui si impernia l’esposizione, si svolge il tema Le Grazie e la danza con un sensazionale confronto, mai proposto prima, tra i due celebri capolavori, i due gruppi marmorei de Le Grazie dove Canova e Thorvaldsen hanno espresso meglio il proprio ideale di bellezza.
Alla grazia come movimento, varietà e sentimento impresso nelle Tre Grazie di Canova provenienti dall’Ermitage si contrappone l’ideale austero di casta semplicità del marmo di Thorvalden nel Le Grazie con Cupido, proveniente dal Thorvaldsen Museum di Copehagen.
Canova era stato l’artista rivoluzionario capace di garantire alla scultura un primato tra le arti nel segno del confronto e del superamento dell’antico. Thorvaldsen, guardando all’opera e alla strategia del rivale, si era ispirato a un’idea della classicità più severa e austera.
Un racconto appassionate e ricco di contenuti, una splendida pagina di storia che ingiustamente è stata dimenticata e che oggi torna a vivere grazie alla mostra a Gallerie d’Italia a Milano.
Si tratta di bassorilievi in gesso, realizzati tra il 1787 e il 1796, che hanno per oggetto temi relativamente poco trattati nella storia dell’arte, ispirati alla mitologia classica, ed episodi della storia antica, come la morte di Socrate. Lavori che facevano parte della Fondazione Cariplo e che oggi sono confluiti nel patrimonio di Gallerie d’Italia.
Un piccolo e raffinato assaggio di quello che sarà.
Ci sono varie ragioni per considerare la mostra alle Gallerie d’Italia qualcosa di esemplare: per l’originalità del taglio della storia, per il rigore della ricerca e della documentazione, per l’importanza dei prestiti e per la prospettiva distrettuale. Cominciamo da quest’ultimo punto. Canova avrà infatti un’estensione alla vicina GAM – Galleria d’Arte Moderna dove si svolgerà Canova. I volti ideali, un prezioso percorso che per la prima volta ricostruisce la genesi e l’evoluzione delle celebri “teste ideali” del campione neoclassico.
Il ponte tra due istituzioni, una privata e l’altra pubblica, è un fiore all’occhiello per l’amministrazione comunale che insiste da anni per dare alla città un’ottica sistemica e sinergica, dove la convergenza di progettazione è a tutti gli effetti un’eredità della cultura locale, di stampo ambrosiano. Un esempio per il paese.
E’ la prima volta che Antonio Canova e Bertel Thorvaldsen vengono messi a confronto. E in questo sta l’originalità della mostra.
I due grandi contemporanei e rivali, celebrati come i veri padri della scultura moderna, si incontrano a distanza di oltre 200 anni a Milano. Merito di un incessante lavoro da parte dei curatori della mostra, Fernando Mazzocca e Stefano Grandesso che da anni portano avanti la ricerca e gli studi sulla scultura dell’ ‘800 e che si sono cimentati con la più ambiziosa mostra di scultura mai realizzata.
“Si tratta di una mostra impegnativa” afferma il professore Fernando Mazzocca durante la conferenza stampa. “La scultura è difficile da movimentare. Siamo riusciti a raccogliere capolavori provenienti da tutto il mondo, dalla California alla Polonia, dalla Gran Bretagna alla Lituania, alla Spagna. Una vera e propria geografia universale che ben rappresenta l’universalità della scultura di Canova e di Thorvaldsen.”
Accanto allo sforzo produttivo, c’è stato un importante contributo scientifico da parte di una serie di collaboratori dei musei coinvolti - tra cui Getty Museum, Ermitage, Versailles -, che hanno prodotto numerosi articoli e schede per il catalogo.

Ditlev Conrad Blunck, Artisti danesi all’osteria La Gensola a Trastevere, 1837. olio su tela, 74,5 x 99,4 cm Copenaghen, Thorvaldsens Museum, www.thorvaldsensmuseum.dk
La mostra inaugura in un momento propizio per accogliere la portata europea dell’arte di primo Ottocento. “Vi è una dimensione europea e universale di questa scultura prodotta proprio in Italia, a Roma all’inizio dell’800” continua Mazzocca.
Il racconto della mostra è incentrato sulla storia vincente di una sfida tra due artisti, Canova e Thorvaldsen, che coinvolse il pubblico dell’Europa intera e che ebbe come teatro la Roma durante i primi vent’anni dell’Ottocento.
Canova era arrivato nella città del papa da Venezia nel 1781, il danese Thorvaldsen era giunto nel 1797 dalla Danimarca.
La sfida tra i due aprì il nuovo secolo e si giocò sul campo della statuaria eroica. Thorvaldsen modellò il suo Giasone sull’esempio del Perseo di Canova che a sua volta si ispirava all’ellenistico Apollo del Belvedere.
Quando Thorvaldsen giunse a Roma, Canova era un artista affermato e di lì a poco sarebbe diventato un personaggio chiave della storia d’Europa tra la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche.
Antonio Canova aveva preso a modello gli antichi, creando un modello di bellezza capace di sfidare i secoli e il tempo. Tuttavia la critica presto lo ha detronizzato, mentre il pubblico non ha mai cessato di amare le sue opere.
La mostra è una produzione colossale: 150 opere divise in 17 sezioni con affondi in varie direzioni. Il perno attorno al quale muove la narrazione è la sfida sui temi universali intorno a cui si ingaggiano le due star della scultura europea dell’epoca. Ma poi si snodano varie pagine di approfondimento intorno alla vita dei due artisti.
Il confronto tra le diverse indoli mette in risalto, attraverso i ritratti e gli autoritratti, l’aspetto gracile e il carattere introverso di Canova, un uomo che soffriva di calvizie (secondo le fonti, Foscolo non sopportava le sue parrucche) e che ebbe una vita sentimentale molto circoscritta, contro l’avvenenza del nordico Thorvaldsen, ragazzo dalla folta chioma, estroverso, che amava le donne.
Il confronto prosegue sul piano della diversa fortuna che ebbero in vita e la differente maniera di essere celebrati.
Entrambi gli artisti si erano confrontati con gli orrori della storia e il malessere della vita, e tutti e due avevano lanciato la loro sfida intorno alla bellezza.
“Il grande merito di Canova è stato quello di aver portato il patrimonio immaginativo classico al presente e di averlo consegnato ai posteri” afferma Stefano Grandesso. “L’arte di Canova era animata da una grande utopia. Thorvaldsen emula la grande impresa di Canova proponendo un modello di grazia e bellezza alternativo a quello del maestro.”

Antonio Canova, Amore e Psiche stanti, 1800 – 1803, marmo, 150 x 49,5 x 60 cm, San Pietroburgo Museo Statale Ermitage, Photograph © The State Hermitage Museum, 2019
Con Canova nasce la scultura moderna che per la prima volta nella storia si smarca dalla committenza attraverso l’impiego di un’esecuzione tecnica che prevedeva vari passaggi dai bozzetti al prototipo in gesso prima di passare alla sbozzatura del marmo. Antonio Canova fu uno dei primi scultori a ideare opere senza un committente.
Nel grande salone centrale, attorno cui si impernia l’esposizione, si svolge il tema Le Grazie e la danza con un sensazionale confronto, mai proposto prima, tra i due celebri capolavori, i due gruppi marmorei de Le Grazie dove Canova e Thorvaldsen hanno espresso meglio il proprio ideale di bellezza.
Alla grazia come movimento, varietà e sentimento impresso nelle Tre Grazie di Canova provenienti dall’Ermitage si contrappone l’ideale austero di casta semplicità del marmo di Thorvalden nel Le Grazie con Cupido, proveniente dal Thorvaldsen Museum di Copehagen.
Canova era stato l’artista rivoluzionario capace di garantire alla scultura un primato tra le arti nel segno del confronto e del superamento dell’antico. Thorvaldsen, guardando all’opera e alla strategia del rivale, si era ispirato a un’idea della classicità più severa e austera.
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