Dal 6 al 30 maggio 2015 a Londra
Le opere di Tarik Berber in mostra alla Darren Baker Gallery di Londra dal 6 al 30 maggio 2015
Tarik Berber, pittore bosniaco, figlio e nipote d’arte (lo zio è il celebrato Mersad Berber), formatosi all’Accademia Fiorentina e prima ancora al sacrarium familiare e ai simboli arcaici e archetipici della polveriera balcanica, già transfugo d’Oltrarno nella perfida Albione, approda finalmente alla suo solo exhibition alla Darren Baker Gallery with Isis Phoenix Arts, London.
Berber, che da qualche anno vive l’avanguardia mentale dell’avamposto di Imperial works (Seven Sisters, Fountayne road), porta Masaccio e il Rinascimento a Londra, rivisitandolo senza timori reverenziali e mescolando tutto quello che l’anima conosce: l’alchimia dei pigmenti, l’arabesco arabo, Bisanzio, i volti antichi e quelli metropolitani, confermando che nessuno è fatto per una sola cosa e che il fuoco sacro è puro ma non puritano, retto ma non rigido.
La pittura, come la vita, ti coglie sempre di sorpresa e se ne infischia delle late reviews in punto di tendenze contemporanee, che pur lo acclamano. Nelle opere di Berber troviamo inafferrabile bellezza, superiore composizione, sogno fisicità e astrazione in mutevole armonia, sempre interrotta. Sempre rinnovata.
Il suggerimento di chi scrive è di mettersi quindi in marcia e non perdersi l’evento, prendere la via più diretta, di arrivarci lentamente e allo stremo delle forze. Ammesso che basti per arrivare con sguardo puro. Fate insomma come Werner Herzog: nel 1974 raggiunse Parigi a piedi da Monaco nella convinzione di salvare l’amica e critica cinematografica Lotte Eisner. Miracolo che avvenne.
(Alessandro Jommi per ARTE.it)
“I riti, i riti! Si occupano forse soltanto del luccichio della giada e della seta? La musica, la musica! Si occupa forse soltanto del suono delle campane e dei tamburi?”
(Confucio)
Vedi anche:
• Toxic Cadmium
• FOTO: La vertigine Rosso Cadmio di Tarik Berber
• Toxic Cadmium, il lato oscuro del colore - Intervista a Tarik Berber
• Le opere di Tarik Berber in mostra alla Darren Baker Gallery di Londra
Tarik Berber, pittore bosniaco, figlio e nipote d’arte (lo zio è il celebrato Mersad Berber), formatosi all’Accademia Fiorentina e prima ancora al sacrarium familiare e ai simboli arcaici e archetipici della polveriera balcanica, già transfugo d’Oltrarno nella perfida Albione, approda finalmente alla suo solo exhibition alla Darren Baker Gallery with Isis Phoenix Arts, London.
Berber, che da qualche anno vive l’avanguardia mentale dell’avamposto di Imperial works (Seven Sisters, Fountayne road), porta Masaccio e il Rinascimento a Londra, rivisitandolo senza timori reverenziali e mescolando tutto quello che l’anima conosce: l’alchimia dei pigmenti, l’arabesco arabo, Bisanzio, i volti antichi e quelli metropolitani, confermando che nessuno è fatto per una sola cosa e che il fuoco sacro è puro ma non puritano, retto ma non rigido.
La pittura, come la vita, ti coglie sempre di sorpresa e se ne infischia delle late reviews in punto di tendenze contemporanee, che pur lo acclamano. Nelle opere di Berber troviamo inafferrabile bellezza, superiore composizione, sogno fisicità e astrazione in mutevole armonia, sempre interrotta. Sempre rinnovata.
Il suggerimento di chi scrive è di mettersi quindi in marcia e non perdersi l’evento, prendere la via più diretta, di arrivarci lentamente e allo stremo delle forze. Ammesso che basti per arrivare con sguardo puro. Fate insomma come Werner Herzog: nel 1974 raggiunse Parigi a piedi da Monaco nella convinzione di salvare l’amica e critica cinematografica Lotte Eisner. Miracolo che avvenne.
(Alessandro Jommi per ARTE.it)
“I riti, i riti! Si occupano forse soltanto del luccichio della giada e della seta? La musica, la musica! Si occupa forse soltanto del suono delle campane e dei tamburi?”
(Confucio)
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FOTO: Le opere di Tarik Berber in mostra alla Darren Baker Gallery
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