L'età copta: l'arte, le stoffe, l'iconografia
Coutesy of Museo Palazzo Venezia, Roma |
Stoffe copte
04/04/2001
Con il termine copto si usa definire quel periodo caratterizzato dall’espansione del cristianesimo in Egitto che va dall’Editto di Costantino (313) alla conquista araba (641).
In realtà il nome viene coniato alla metà del VII secolo dai conquistatori musulmani che così definiscono i diretti discendenti degli Egizi di età faraonica. Dato che con il tempo la maggior parte dei Copti diviene di religione musulmana il termine passa a identificare solo gli abitanti rimasti cristiani.
E’ evidente, quindi, che il mondo copto è antecedente all’invasione araba: di fatto si può parlare persino di un periodo pre-copto che precede il 313 e che affonda le sue radici nella tarda epoca tolemaica e in quella romana.
L’arte copta si manifesta soprattutto nei rilievi in pietra e nei tessuti, ma anche in altre tecniche come il rilievo in legno e in avorio, il bronzo e la ceramica dipinta. Molto praticata è anche la pittura su stucco, pur se ne restano scarse testimonianze a causa delle poche costruzioni superstiti: celebri quelle nell’oasi di El-Kharga a Sud-Ovest dell’Egitto e quelle, in gran parte distrutte, di Bawit, delle quali conserviamo fedeli riproduzioni.
La tessitura di stoffe è sicuramente la tecnica artistica meglio riconducibile a quel contesto culturale. I pezzi giunti fino a noi sono frammenti di abiti usati, mantelli per cerimonie civili e religiose, come le tuniche alla base dell’abbigliamento maschile e femminile. Altri reperti sono riferibili a rivestimenti di pareti di edifici religiosi, abitazioni private o monumenti sepolcrali, tovaglie, tappeti o tendaggi.
L’ingente produzione di stoffe era favorita dalle perfette condizioni ambientali per la coltivazione del lino e dalla forte richiesta di importazione che proveniva da centri come Roma e altre zone dell’impero. Spesso i tessuti erano usati come moneta di scambio per portare in Egitto altre merci. Non bisogna dimenticare che dal IV secolo la cristianizzazione di questa regione genera un’ulteriore incremento della produzione tessile: sparisce la pratica della mummificazione con la quale i cadaveri venivano avvolti in semplici bende per far posto alla sepoltura che prevede l’utilizzo degli abiti usati in vita.
Di grande interesse i temi iconografici di tali raffigurazioni perché frutto delle continue contaminazioni tra cultura egiziana, greco-ellenistica, cristiano-bizantina, siriaca e araba.
Il patrimonio figurativo è dominato dalla mitologia classica che tanta fortuna ebbe in tutto il Mediterraneo dal periodo ellenistico al tardo antico. All’interno di questa grande categoria un ruolo di primaria importanza è occupato dalle iconografie legate alla figura di Dioniso: tornano spesso il dio del vino, Arianna, i membri del tiaso, centauri, Amazzoni, Eracle, animali, motivi vegetali e simboli che caratterizzano questo ambito sincretico-orgiastico. All’origine di una così ampia riproduzione di danze bacchiche, girali di foglie e putti sta sicuramente la vasta diffusione del culto per Dioniso in Egitto dove è sostenuto dai Tolomei che ne furono ferventi fedeli.
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