Al cinema dal 2 ottobre il nuovo film d'arte di Sky e Progetto Immagine
"Io, Leonardo": tutti i capolavori raccontati nel film
Leonardo da Vinci, Dama con l’Ermellino, 1487-1490 circa, Olio su tavola, 40.3 x 54.8 cm, Museo Nazionale di Cracovia
Samantha De Martin
12/09/2019
I capolavori immensi, partoriti dalla mente di Leonardo - il genio con il fuoco della curiosità negli occhi e, nel petto, il demone della creazione - prendono vita per mostrarsi, grazie alla straordinaria potenza del grande schermo, come non li abbiamo mai visti.
Sul set di Io, Leonardo - l’affascinante racconto alla scoperta dell’uomo, dell’artista, dello scienziato che accompagna lo spettatore in un’esperienza inedita, lontana dagli stereotipi - i capolavori del maestro di Vinci grandeggiano come nessun visitatore ha avuto sinora la possibilità di esplorarli.
Dal 2 Ottobre il film d’arte prodotto da Sky con Progetto Immagine sarà distribuito nelle sale italiane a cura di Lucky Red ripercorrendo la vita dell’artista, ma anche la genesi e lo sviluppo dei suoi lavori più celebri, svelati nel dettaglio, grazie alla consulenza scientifica di Pietro Marani.
Assieme agli studi anatomici sulla muscolatura del collo e della spalla, al Codice Atlantico, l’osservatore scruta attraverso gli occhi di Leonardo i paesaggi della sua infanzia.
Per primo prende forma il Paesaggio in Valdarno, la prima opera datata di Leonardo, 5 agosto 1473, e conservata nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe presso la Galleria degli Uffizi a Firenze. Da questo paesaggio fluviale, caratterizzato da due promontori scoscesi punteggiati da castelli e alberi, cespugli e in lontananza campi coltivati, lo sguardo dello spettatore approda ad alcuni disegni che riproducono alberi, frutti e baccelli.
Un Leonardo fanciullo viene introdotto nella bottega del Verrocchio di fronte al Battesimo di Cristo (1474-1478), capolavoro conservato oggi agli Uffizi. Era ancora un apprendista quando gli fu chiesto di partecipare alla realizzazione dell'opera sulla quale già lavorava il suo maestro. Questo dipinto a olio su tavola raffigura Gesù che riceve il battesimo da San Giovanni sulle rive del Giordano, mentre due angeli inginocchiati assistono alla scena. Secondo Vasari l’intervento di Leonardo si limitava all’angelo di profilo, sebbene studi più recenti attribuiscano all’artista di Vinci anche il suggestivo paesaggio fluviale, avvolto di luce dorata, e le rifiniture sul corpo del Cristo.
Le immagini continuano a scorrere nel film e sullo schermo grandeggia un Leonardo alle prese con una nuova invenzione per studiare l’ottica e la luce, attraverso lo studio delle ombre. È il 1475. I gesti del maestro sono eleganti, sicuri. L’artista gira lo specchio verso l’alto puntandolo dritto al cielo, ed ecco i volti dell’Annunciazione (1470-1475) - una delle prime opere di Leonardo, dipinta probabilmente ai tempi dell’apprendistato nella bottega di Verrocchio - prendere forma a schermo pieno. Ciò che più incanta di questo capolavoro è lo straordinario realismo che caratterizza narcisi, papaveri, anemoni, così come i fili d'erba che lambiscono la veste rossa dell'angelo.
Cuore che batte, vene nel corpo, vasi sanguigni e canali spermatici si affastellano sugli accurati disegni anatomici pieni di note e dettagli, cui si aggiungono strumenti di misurazione, vetri, lenti, squadre e compassi, mentre il volto dell’uomo, consumato e rugoso, diventa una mappa da decifrare.
Tra i capolavori che sembrano esplodere in tutta la loro potenza in questo ammaliante viaggio nell’anima e nelle creazioni di Leonardo, spicca la commovente, intensa figura di un uomo anziano, con la pietra nella mano destra, intento a percuotersi forte il petto.
È San Girolamo (1487-1488), conservato oggi alla Pinacoteca Vaticana. La tradizione vuole che il quadrato con il volto del santo, visibilmente rimontato, sia stato utilizzato come sgabello di un calzolaio, mentre il resto dell’opera faceva da coperchio di una panca di un rigattiere.
Un'altra opera di Leonardo presente nel film è l’ Adorazione dei Magi (1481-1483) capolavoro degli Uffizi rimasto incompiuto quando, a 30 anni, la vita del maestro prese una direzione nuova e inaspettata e l’artista partì alla volta di Milano, dove nuove sfide artistiche e scientifiche lo attendevano alla corte di Ludovico il Moro.
Nella sublime invenzione della prospettiva aerea irrompe invece la Vergine delle Rocce nella sua duplice versione: quella conservata al Louvre di Parigi (1483-1486), e l’altra alla National Gallery di Londra (1494-1508).
In seguito a una diatriba tra Leonardo e la Confraternita milanese dell’Immacolata Concezione dettata da motivi di prezzo, l'opera venne dichiarata ufficialmente "incompiuta". Nel frattempo Leonardo aveva abbandonato Milano ed era tornato a Firenze. La seconda versione della pala doveva essere già stata avviata prima della sua partenza, per essere completata nel 1506, durante il suo secondo soggiorno milanese.
La Dama con l’Ermellino (1488-1490) attualmente esposta al Museo Nazionale di Cracovia, è invece prova evidente che il tempo uccide la bellezza e anche l'amore, pur lasciando intatto il fascino ricreato dalla pittura.
Il ritratto di Cecilia Gallerani, nobile lombarda colta e di intelletto acuto, ritratta quando a 16 anni era già l’amante del duca di Milano, grandeggia in tutta la sua immortale bellezza.
Con quest’opera il maestro innova profondamente la tradizione del ritratto lombardo, fino ad allora basata sulla rappresentazione di profilo. Attraverso la postura e l’espressione del volto della donna continua la sua ricerca nella resa dei moti dell’animo, lasciando immaginare emozioni e situazioni piuttosto che descriverle esplicitamente. L’abbigliamento della giovane - vestita alla spagnola, come divenne di moda a Milano in seguito all’avvicinamento degli Sforza al Regno di Napoli - è ricercato. L’acconciatura elaborata, la collana di granati spiccano sulla carnagione luminosa descrivendo nel dettaglio i costumi di una grande stagione.
Dalla trance scaturita dalla spasmodica ricerca della proporzione perfetta, prende finalmente forma sullo schermo la figura imponente e definitiva dell’Uomo Vitruviano (1490). È il ritratto di un corpo di superba bellezza, inscritto in due forme perfette: il cerchio e il quadrato. In questo capolavoro emblema del Rinascimento, che assurge a unione simbolica tra arte e scienza, immagine della natura perfetta dell’uomo in sintonia con la Terra e l’Universo, umano e divino si intrecciano.
Quando il maestro decide di mantenere la promessa e di portare a compimento un’opera per il suo signore, si compie una "magia", un'iillusione prospettica capace di sfondare la volta attraverso il disegno di tronchi d'alberi, mori, gelsi.
Esplode così davanti agli occhi del pubblico la Sala delle Asse (1498), la più illustre del Castello Sforzesco di Milano, eccezionale testimonianza della presenza di Leonardo da Vinci alla corte sforzesca.
Lo sguardo estasiato dell’artista, come sospinto da ali di libellula, si addentra, assieme a quello degli spettatori, nel refettorio di Santa Maria delle Grazie. E finalmente appare il Cenacolo vinciano (1498) con l’insopportabile sgomento e il tumulto collettivo nelle espressioni, nei gesti, nella postura degli apostoli, di fronte alle parole appena pronunciate da Gesù. È l’immediato istante che consegue alla rivelazione del tradimento. Invece che stringersi intorno al Maestro, i discepoli se ne allontanano, come a voler fuggire, terrorizzati dalle parole di chi tanto hanno amato.
La produzione firmata Sky e Progetto Immagine lascia spazio a una nuova commissione: Sant’Anna, la Vergine e il Bambino (1510-1513) oggi al Louvre. In quest’opera monumentale raffigurante le tre generazioni della famiglia di Cristo, quasi intima e simile a un ricordo d’infanzia, è difficile distogliere lo sguardo dal sorriso dolcissimo che la Vergine rivolge al figlio che a sua volta abbraccia l’agnello, prefigurazione della futura Passione e del sacrificio volontario di Gesù.
Tra i capolavori che sfilano in Io, Leonardo non manca il dipinto più famoso al mondo. Una domanda tiene agganciata l'attenzione dello spettatore: a chi appartiene davvero quel volto?
Si svela così la donna indefinita che ha nello scuro dei capelli, nel bianco del volto, nel taglio degli occhi, i lineamenti della Gioconda (1503-1519). Scrutata lentamente, in ogni suo dettaglio, da diverse angolazioni, serena e malinconica, questa donna - vicina e lontana, madre e perfetta sconosciuta al tempo stesso - resta una creatura inafferrabile.
Un'altra creatura bellissima e misteriosa, la veste composta da una pelliccia cadente e sorretta dal braccio sinistro, il dito rivolto verso l’alto a indicare il cielo, sbuca dall’ombra che la circonda con uno sguardo languido, il sorriso lievemente accennato e i lunghi capelli ricci che ricordano quelli del Salaì, allievo di Leonardo che si prestò forse come modello.
È il San Giovanni Battista (1508-1513), tavola entrata dopo non poche vicessitudini nelle collezioni reali di Francia, confluite poi al Louvre dopo la Rivoluzione.
E infine, spazio all’ Autoritratto dell’artista, oggi alla Biblioteca Reale di Torino, che immortala un Leonardo ormai anziano, con una lunga e folta barba, lo sguardo accigliato che fa capolino da un foglio talmente deteriorato, al punto da essere oggi esposto al pubblico solo raramente.
I pensieri del maestro, travolti dall'impeto della natura, si sparigliano davanti al caveau della Biblioteca Ambrosiana di Milano, nella la Sala Federiciana dalle altissime pareti ricoperte di scaffali in legno che custodiscono i tesori del sapere. È a questo scrigno, che accoglie alcuni dei più celebri fogli di Leonardo, che il film affida il suo epilogo, a chiudere la galleria di opere che sfilano nella produzione, consegando così, agli occhi di un pubblico incantato, la preziosa eredità di un genio eterno.
Sul set di Io, Leonardo - l’affascinante racconto alla scoperta dell’uomo, dell’artista, dello scienziato che accompagna lo spettatore in un’esperienza inedita, lontana dagli stereotipi - i capolavori del maestro di Vinci grandeggiano come nessun visitatore ha avuto sinora la possibilità di esplorarli.
Dal 2 Ottobre il film d’arte prodotto da Sky con Progetto Immagine sarà distribuito nelle sale italiane a cura di Lucky Red ripercorrendo la vita dell’artista, ma anche la genesi e lo sviluppo dei suoi lavori più celebri, svelati nel dettaglio, grazie alla consulenza scientifica di Pietro Marani.
Assieme agli studi anatomici sulla muscolatura del collo e della spalla, al Codice Atlantico, l’osservatore scruta attraverso gli occhi di Leonardo i paesaggi della sua infanzia.
Per primo prende forma il Paesaggio in Valdarno, la prima opera datata di Leonardo, 5 agosto 1473, e conservata nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe presso la Galleria degli Uffizi a Firenze. Da questo paesaggio fluviale, caratterizzato da due promontori scoscesi punteggiati da castelli e alberi, cespugli e in lontananza campi coltivati, lo sguardo dello spettatore approda ad alcuni disegni che riproducono alberi, frutti e baccelli.
Un Leonardo fanciullo viene introdotto nella bottega del Verrocchio di fronte al Battesimo di Cristo (1474-1478), capolavoro conservato oggi agli Uffizi. Era ancora un apprendista quando gli fu chiesto di partecipare alla realizzazione dell'opera sulla quale già lavorava il suo maestro. Questo dipinto a olio su tavola raffigura Gesù che riceve il battesimo da San Giovanni sulle rive del Giordano, mentre due angeli inginocchiati assistono alla scena. Secondo Vasari l’intervento di Leonardo si limitava all’angelo di profilo, sebbene studi più recenti attribuiscano all’artista di Vinci anche il suggestivo paesaggio fluviale, avvolto di luce dorata, e le rifiniture sul corpo del Cristo.
Le immagini continuano a scorrere nel film e sullo schermo grandeggia un Leonardo alle prese con una nuova invenzione per studiare l’ottica e la luce, attraverso lo studio delle ombre. È il 1475. I gesti del maestro sono eleganti, sicuri. L’artista gira lo specchio verso l’alto puntandolo dritto al cielo, ed ecco i volti dell’Annunciazione (1470-1475) - una delle prime opere di Leonardo, dipinta probabilmente ai tempi dell’apprendistato nella bottega di Verrocchio - prendere forma a schermo pieno. Ciò che più incanta di questo capolavoro è lo straordinario realismo che caratterizza narcisi, papaveri, anemoni, così come i fili d'erba che lambiscono la veste rossa dell'angelo.
Cuore che batte, vene nel corpo, vasi sanguigni e canali spermatici si affastellano sugli accurati disegni anatomici pieni di note e dettagli, cui si aggiungono strumenti di misurazione, vetri, lenti, squadre e compassi, mentre il volto dell’uomo, consumato e rugoso, diventa una mappa da decifrare.
Tra i capolavori che sembrano esplodere in tutta la loro potenza in questo ammaliante viaggio nell’anima e nelle creazioni di Leonardo, spicca la commovente, intensa figura di un uomo anziano, con la pietra nella mano destra, intento a percuotersi forte il petto.
È San Girolamo (1487-1488), conservato oggi alla Pinacoteca Vaticana. La tradizione vuole che il quadrato con il volto del santo, visibilmente rimontato, sia stato utilizzato come sgabello di un calzolaio, mentre il resto dell’opera faceva da coperchio di una panca di un rigattiere.
Un'altra opera di Leonardo presente nel film è l’ Adorazione dei Magi (1481-1483) capolavoro degli Uffizi rimasto incompiuto quando, a 30 anni, la vita del maestro prese una direzione nuova e inaspettata e l’artista partì alla volta di Milano, dove nuove sfide artistiche e scientifiche lo attendevano alla corte di Ludovico il Moro.
Nella sublime invenzione della prospettiva aerea irrompe invece la Vergine delle Rocce nella sua duplice versione: quella conservata al Louvre di Parigi (1483-1486), e l’altra alla National Gallery di Londra (1494-1508).
In seguito a una diatriba tra Leonardo e la Confraternita milanese dell’Immacolata Concezione dettata da motivi di prezzo, l'opera venne dichiarata ufficialmente "incompiuta". Nel frattempo Leonardo aveva abbandonato Milano ed era tornato a Firenze. La seconda versione della pala doveva essere già stata avviata prima della sua partenza, per essere completata nel 1506, durante il suo secondo soggiorno milanese.
La Dama con l’Ermellino (1488-1490) attualmente esposta al Museo Nazionale di Cracovia, è invece prova evidente che il tempo uccide la bellezza e anche l'amore, pur lasciando intatto il fascino ricreato dalla pittura.
Il ritratto di Cecilia Gallerani, nobile lombarda colta e di intelletto acuto, ritratta quando a 16 anni era già l’amante del duca di Milano, grandeggia in tutta la sua immortale bellezza.
Con quest’opera il maestro innova profondamente la tradizione del ritratto lombardo, fino ad allora basata sulla rappresentazione di profilo. Attraverso la postura e l’espressione del volto della donna continua la sua ricerca nella resa dei moti dell’animo, lasciando immaginare emozioni e situazioni piuttosto che descriverle esplicitamente. L’abbigliamento della giovane - vestita alla spagnola, come divenne di moda a Milano in seguito all’avvicinamento degli Sforza al Regno di Napoli - è ricercato. L’acconciatura elaborata, la collana di granati spiccano sulla carnagione luminosa descrivendo nel dettaglio i costumi di una grande stagione.
Dalla trance scaturita dalla spasmodica ricerca della proporzione perfetta, prende finalmente forma sullo schermo la figura imponente e definitiva dell’Uomo Vitruviano (1490). È il ritratto di un corpo di superba bellezza, inscritto in due forme perfette: il cerchio e il quadrato. In questo capolavoro emblema del Rinascimento, che assurge a unione simbolica tra arte e scienza, immagine della natura perfetta dell’uomo in sintonia con la Terra e l’Universo, umano e divino si intrecciano.
Quando il maestro decide di mantenere la promessa e di portare a compimento un’opera per il suo signore, si compie una "magia", un'iillusione prospettica capace di sfondare la volta attraverso il disegno di tronchi d'alberi, mori, gelsi.
Esplode così davanti agli occhi del pubblico la Sala delle Asse (1498), la più illustre del Castello Sforzesco di Milano, eccezionale testimonianza della presenza di Leonardo da Vinci alla corte sforzesca.
Lo sguardo estasiato dell’artista, come sospinto da ali di libellula, si addentra, assieme a quello degli spettatori, nel refettorio di Santa Maria delle Grazie. E finalmente appare il Cenacolo vinciano (1498) con l’insopportabile sgomento e il tumulto collettivo nelle espressioni, nei gesti, nella postura degli apostoli, di fronte alle parole appena pronunciate da Gesù. È l’immediato istante che consegue alla rivelazione del tradimento. Invece che stringersi intorno al Maestro, i discepoli se ne allontanano, come a voler fuggire, terrorizzati dalle parole di chi tanto hanno amato.
La produzione firmata Sky e Progetto Immagine lascia spazio a una nuova commissione: Sant’Anna, la Vergine e il Bambino (1510-1513) oggi al Louvre. In quest’opera monumentale raffigurante le tre generazioni della famiglia di Cristo, quasi intima e simile a un ricordo d’infanzia, è difficile distogliere lo sguardo dal sorriso dolcissimo che la Vergine rivolge al figlio che a sua volta abbraccia l’agnello, prefigurazione della futura Passione e del sacrificio volontario di Gesù.
Tra i capolavori che sfilano in Io, Leonardo non manca il dipinto più famoso al mondo. Una domanda tiene agganciata l'attenzione dello spettatore: a chi appartiene davvero quel volto?
Si svela così la donna indefinita che ha nello scuro dei capelli, nel bianco del volto, nel taglio degli occhi, i lineamenti della Gioconda (1503-1519). Scrutata lentamente, in ogni suo dettaglio, da diverse angolazioni, serena e malinconica, questa donna - vicina e lontana, madre e perfetta sconosciuta al tempo stesso - resta una creatura inafferrabile.
Un'altra creatura bellissima e misteriosa, la veste composta da una pelliccia cadente e sorretta dal braccio sinistro, il dito rivolto verso l’alto a indicare il cielo, sbuca dall’ombra che la circonda con uno sguardo languido, il sorriso lievemente accennato e i lunghi capelli ricci che ricordano quelli del Salaì, allievo di Leonardo che si prestò forse come modello.
È il San Giovanni Battista (1508-1513), tavola entrata dopo non poche vicessitudini nelle collezioni reali di Francia, confluite poi al Louvre dopo la Rivoluzione.
E infine, spazio all’ Autoritratto dell’artista, oggi alla Biblioteca Reale di Torino, che immortala un Leonardo ormai anziano, con una lunga e folta barba, lo sguardo accigliato che fa capolino da un foglio talmente deteriorato, al punto da essere oggi esposto al pubblico solo raramente.
I pensieri del maestro, travolti dall'impeto della natura, si sparigliano davanti al caveau della Biblioteca Ambrosiana di Milano, nella la Sala Federiciana dalle altissime pareti ricoperte di scaffali in legno che custodiscono i tesori del sapere. È a questo scrigno, che accoglie alcuni dei più celebri fogli di Leonardo, che il film affida il suo epilogo, a chiudere la galleria di opere che sfilano nella produzione, consegando così, agli occhi di un pubblico incantato, la preziosa eredità di un genio eterno.
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