Rocco Micale. SpiRituale/Digitale 1.0 / Yianidy Martinez. Lo studio dell'anima
Dal 19 Giugno 2014 al 19 Luglio 2014
Milano
Luogo: Open Art Milano
Indirizzo: corso Buenos Aires 77
Orari: da martedì a sabato 10-13 / 14-18
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 36525173
E-Mail info: info@openartmilano.it
Sito ufficiale: http://www.openartmilano.com
Rocco Micale. SpiRituale/Digitale 1.0
Nella ricerca di sempre nuove vie, Rocco Micale è approdato all'arte digitale. La sua modernità non va intesa nell'accezione 'futurista', bensì in una viscerale tendenza alla sintesi fra tradizione classica e nuove tecnologie, in una visione che ha superato il Modernismo, ma anche il Postmodernismo. Riferimenti unilaterali di Micale - e mantenuti ‘puri’ da infiltrazioni di altri mondi antichi - sono la ‘vera’ e ‘sola’ Classicità mediterranea ed il Medioevo arabo-normanno meridionale. Come per Lévi-Strauss, per Micale le coppie di opposti formano delle costanti universali e atemporali, che sottostanno all’interpretazione strutturale della realtà e alla formazione dei miti.
L'artista non fa altro che impiegare questo linguaggio dei miti sub specie estetico-visiva digitale. Così, per quanto riguarda pure la reinterpretazione degli Arcani Maggiori dei Tarocchi, convertendoli dall'universo neoplatonico rinascimentale e da quello esoterico sette-ottocentesco a quello contemporaneo, in chiave psicologico-freudiana, nei risvolti di una riveduta grafica della Pop Art o nei richiami formali al fumetto, soprattutto giapponese. Egli non ha ancora rappresentato tutti gli Arcani Maggiori, ma solamente alcuni.
Da qui il titolo "SpiRituale / Digitale": 'carte' simboliche dello spirito, conformi al senso del 'rito', rilette in chiave digitale, con l'aggiunta di quell’ "1.0." che, con il suo linguaggio desunto dai computer, indica che il 'sistema' non è assoluto, non rappresenta un punto definitivo di arrivo. Opera classica e sperimentale: e, così, il mito torna a raccontare all'uomo di oggi tramite linguaggi digitali.
Yianidy Martinez. Lo studio dell'anima
E’ possibile ancora un’arte spirituale? Per secoli l’arte è stata rivolta alla raffigurazione religiosa: la spiritualità viene delegata ad una realtà ultraterrena, esteriore e, per rappresentare l’irrappresentabile, si ricorre ad allegorie e simboli. Nel mondo contemporaneo la spiritualità viene sempre più ricercata non rivolgendosi verso l’esterno, ma verso l’interno, l’io dell’artista. Lo sviluppo della psicologia ha avuto grande rilevanza nell’aprire gli occhi su un mondo inesplorato, immenso e misterioso, che fino a metà dell’ottocento, seppur presentito, rimaneva quasi totalmente sconosciuto. Se pensiamo che la psicologia nasce come “studio dell’anima”, risulta ancora più chiaro questo spostamento di spiritualità. Yianidy Martinez ci accompagna nel suo io, le sue opere sembrano rappresentazioni oniriche, ma non hanno niente in comune col sogno.
Quella dell’artista è un’indagine lucida, una lettura attenta e ragionata della realtà attraverso il sé. Un processo lento, in cui il disegno è dato dalle ampie superfici stese attraverso il tratto a tinta cinese. Delle immagini quasi ricamate, in cui la ripetizione porta all’amplificazione della coscienza, come la recita di un mantra, di una preghiera. Il tempo si dilata, non è più quello spazializzato, ma quello della coscienza, di bergsoniana memoria. Una coscienza spirituale, ben distinta e ben riconoscibile nel modo di filtrare la realtà: in tutte le opere riconosciamo un’impronta comune, degli elementi caratterizzanti. Sopra a tutti vi sono le sfere, simbolo da sempre di perfezione, infinità, illimitatezza temporale (senza inizio né fine) e quindi del cielo, di Dio, infine della spiritualità.
E non a caso il sole, visto da molti popoli con connotati divini, è visibile in quasi tutti i lavori. La presenza dell’artista, la coscienza, lo spirituale, invade così le opere e avvolge i personaggi da lei raccontati. Per riuscire a cogliere a pieno le opere di Yianidy, però, dobbiamo aggiungere un dettaglio, un elemento che sottilmente l’artista inserisce nei suoi lavori: l’ironia. L’ironia, studiata da Freud in quanto processo di “dissimulazione”, ci riporta all’analisi dei meccanismi della coscienza. Il witz, indagato ampiamente anche in campo filosofico, permette all’intelligenza di saltare i passaggi, amplifica la conoscenza, oltrepassando il piano analitico. Porta così all’insolito e ci conduce alla sorpresa, alla meraviglia, completando il nostro viaggio nell’interiorità spirituale dell’artista.
Nella ricerca di sempre nuove vie, Rocco Micale è approdato all'arte digitale. La sua modernità non va intesa nell'accezione 'futurista', bensì in una viscerale tendenza alla sintesi fra tradizione classica e nuove tecnologie, in una visione che ha superato il Modernismo, ma anche il Postmodernismo. Riferimenti unilaterali di Micale - e mantenuti ‘puri’ da infiltrazioni di altri mondi antichi - sono la ‘vera’ e ‘sola’ Classicità mediterranea ed il Medioevo arabo-normanno meridionale. Come per Lévi-Strauss, per Micale le coppie di opposti formano delle costanti universali e atemporali, che sottostanno all’interpretazione strutturale della realtà e alla formazione dei miti.
L'artista non fa altro che impiegare questo linguaggio dei miti sub specie estetico-visiva digitale. Così, per quanto riguarda pure la reinterpretazione degli Arcani Maggiori dei Tarocchi, convertendoli dall'universo neoplatonico rinascimentale e da quello esoterico sette-ottocentesco a quello contemporaneo, in chiave psicologico-freudiana, nei risvolti di una riveduta grafica della Pop Art o nei richiami formali al fumetto, soprattutto giapponese. Egli non ha ancora rappresentato tutti gli Arcani Maggiori, ma solamente alcuni.
Da qui il titolo "SpiRituale / Digitale": 'carte' simboliche dello spirito, conformi al senso del 'rito', rilette in chiave digitale, con l'aggiunta di quell’ "1.0." che, con il suo linguaggio desunto dai computer, indica che il 'sistema' non è assoluto, non rappresenta un punto definitivo di arrivo. Opera classica e sperimentale: e, così, il mito torna a raccontare all'uomo di oggi tramite linguaggi digitali.
Yianidy Martinez. Lo studio dell'anima
E’ possibile ancora un’arte spirituale? Per secoli l’arte è stata rivolta alla raffigurazione religiosa: la spiritualità viene delegata ad una realtà ultraterrena, esteriore e, per rappresentare l’irrappresentabile, si ricorre ad allegorie e simboli. Nel mondo contemporaneo la spiritualità viene sempre più ricercata non rivolgendosi verso l’esterno, ma verso l’interno, l’io dell’artista. Lo sviluppo della psicologia ha avuto grande rilevanza nell’aprire gli occhi su un mondo inesplorato, immenso e misterioso, che fino a metà dell’ottocento, seppur presentito, rimaneva quasi totalmente sconosciuto. Se pensiamo che la psicologia nasce come “studio dell’anima”, risulta ancora più chiaro questo spostamento di spiritualità. Yianidy Martinez ci accompagna nel suo io, le sue opere sembrano rappresentazioni oniriche, ma non hanno niente in comune col sogno.
Quella dell’artista è un’indagine lucida, una lettura attenta e ragionata della realtà attraverso il sé. Un processo lento, in cui il disegno è dato dalle ampie superfici stese attraverso il tratto a tinta cinese. Delle immagini quasi ricamate, in cui la ripetizione porta all’amplificazione della coscienza, come la recita di un mantra, di una preghiera. Il tempo si dilata, non è più quello spazializzato, ma quello della coscienza, di bergsoniana memoria. Una coscienza spirituale, ben distinta e ben riconoscibile nel modo di filtrare la realtà: in tutte le opere riconosciamo un’impronta comune, degli elementi caratterizzanti. Sopra a tutti vi sono le sfere, simbolo da sempre di perfezione, infinità, illimitatezza temporale (senza inizio né fine) e quindi del cielo, di Dio, infine della spiritualità.
E non a caso il sole, visto da molti popoli con connotati divini, è visibile in quasi tutti i lavori. La presenza dell’artista, la coscienza, lo spirituale, invade così le opere e avvolge i personaggi da lei raccontati. Per riuscire a cogliere a pieno le opere di Yianidy, però, dobbiamo aggiungere un dettaglio, un elemento che sottilmente l’artista inserisce nei suoi lavori: l’ironia. L’ironia, studiata da Freud in quanto processo di “dissimulazione”, ci riporta all’analisi dei meccanismi della coscienza. Il witz, indagato ampiamente anche in campo filosofico, permette all’intelligenza di saltare i passaggi, amplifica la conoscenza, oltrepassando il piano analitico. Porta così all’insolito e ci conduce alla sorpresa, alla meraviglia, completando il nostro viaggio nell’interiorità spirituale dell’artista.
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