Alla scoperta di un’icona del Rinascimento
Nel regno dell’armonia. Raffaello e lo Sposalizio della Vergine
Raffaello Sanzio, Sposalizio della Vergine, 1504, Milano, Pinacoteca di Brera
Francesca Grego
13/03/2020
A destra un gruppo di giovani donne, gli abiti elegantemente drappeggiati, i volti circonfusi di dolce malinconia, le movenze leggiadre da danzatrici. A sinistra gli uomini, abbigliati come nobili del Quattrocento, ciascuno munito di un curioso bastoncino. Al centro, un anziano dalle ricche vesti funge da trait-d’union tra le due schiere: con sguardo assorto e gesto delicato regge le mani degli sposi, garante del solenne scambio dell’anello. È lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, il capolavoro che sancisce l’ingresso del giovanissimo Urbinate nell’Olimpo della grande arte. L’artista ha solo 21 anni e sta per lasciare Città di Castello per trionfare nei centri più eleganti dell’Italia centrale. È questo, secondo il parere unanime dei critici, il dipinto con cui Raffaello supera il maestro Pietro Perugino: il primo a notarlo sarà Giorgio Vasari, che nelle sue Vite li metterà lucidamente a confronto. Ma lo Sposalizio è solo una magistrale scena religiosa? Tutt’altro, è piuttosto la celebrazione di un’epoca e dei suoi ideali. Sembra dire: benvenuti nel Rinascimento! Lo fa con eleganza e discrezione: per decodificarne il messaggio è necessario analizzare la pala nei suoi molteplici aspetti, che Raffaello affrontò infondendo cura e inventiva in ogni dettaglio.
Pietro Perugino (1448 - 1523), Sposalizio della Vergine, 1502, Olio su pannello, 234 x 185 cm, Musée des Beaux-Arts de Caen
Perché ai suoi tempi lo Sposalizio della Vergine apparve come un’opera di grande modernità?
Il modo più semplice per rendercene conto è confrontare il dipinto di Raffaello con una pala di identico soggetto dipinta dal suo maestro Perugino: nonostante gli elementi della composizione siano gli stessi, l’effetto è decisamente differente. Una generazione di distanza e l’innegabile genio del Sanzio trasformano una rappresentazione piena di grazia ma statica, in una scena più naturale e coinvolgente, che porta in sé il mistero della vita. Responsabili del cambiamento sono il dinamismo delle figure umane e della composizione, la caratterizzazione dei personaggi, i colori pieni e ricchi di sfumature sconosciute alla pittura quattrocentesca. La luce avvolge il dipinto nell’atmosfera calda del pomeriggio, come testimoniano le ombre distese al suolo, mentre lo sfondo incontra armoniosamente la scena delle nozze, fondendo i due piani in un insieme privo di cesure.
Chi sono i personaggi dipinti da Raffaello?
L’opera prende spunto da un episodio dei Vangeli apocrifi che narra delle nozze di Maria e Giuseppe. Gli sposi prendono posto al centro del dipinto, divisi solo dalla figura di un sacerdote in ricche vesti da cerimonia. Nessuno dei personaggi, tuttavia, prevale sugli altri catturando l’attenzione dello spettatore: la scena è imperniata sul principio dell’equilibrio, che resterà una cifra distintiva di Raffaello per tutto il corso della sua carriera. Uomini e donne, infine, sono separati in due gruppi in ossequio all’iconografia tradizionale delle nozze. L’artista non demolisce il passato a forza di rivoluzioni, ma lo supera e lo arricchisce nel nome di una dolce armonia.
Chi è l’uomo che spezza un ramoscello facendo leva sulla propria gamba?
È un pretendente deluso che esprime il proprio disappunto. Il racconto evangelico, infatti, narra che il sacerdote incaricato di trovare un marito per Maria diede a ciascuno dei candidati un ramo. Di tutti questi solo quello di Giuseppe fiorì. Nel dipinto possiamo osservare i tre piccoli fiori sbocciati sulla sua estremità: un segno del volere divino che indirizzò il corso della storia.
Qual è il significato dell’edificio sullo sfondo?
È il tempio di Gerusalemme, dove Maria fu allevata dai sacerdoti. Raffaello gli dedica una cura speciale, mostrando di essere al corrente delle novità introdotte nell’architettura da Leonardo da Vinci, Donato Bramante e Leon Battista Alberti. L’abbondanza di particolari che lo caratterizza ha fatto pensare che per realizzarlo sia stato addirittura usato un modellino di legno. All’interno della composizione il tempio occupa una posizione sopraelevata: un espediente per evitare che incombesse pesantemente sulla scena. Se guardiamo il portale, inoltre, notiamo che è doppio e sul lato opposto alla facciata si apre sul paesaggio e sull’infinito. È qui che si incontrano tutte le linee di prospettiva, facendo della porta il centro ottico del dipinto.
Il cerchio della perfezione
Se dividiamo l’opera in fasce orizzontali, notiamo che ognuna si allinea su un semicerchio immaginario: è vero per il pavimento come per la curva che congiunge il gruppo degli invitati e per le strutture del tempio. Tutto ha inizio con l’anello nuziale di Maria e Giuseppe, ma trova corrispondenza nel principio di perfezione matematica che impregna l’intera opera: un portato dell’ambiente artistico di Urbino in cui Raffaello si formò, diventando sensibile a tutto ciò che riguardava i numeri, la prospettiva e le simmetrie.
Perché lo Sposalizio della Vergine è un’icona del Rinascimento?
Dietro la scena delle nozze, Raffaello racconta un mondo nuovo: nell’architettura del tempio e nella struttura della composizione si incarnano l’anelito verso la conoscenza, l’uomo misura di tutte le cose, la bellezza ideale che nasce dallo studio della matematica e della prospettiva come strumenti per leggere il mondo. Un modello perfetto che va oltre la realtà, per fare le cose non “come le fa la natura, ma come ella dovrebbe farle”.
Dove possiamo ammirare il dipinto di Raffaello?
Lo Sposalizio della Vergine fu commissionato a Raffaello da Filippo Albizzini di Città di Castello, per ornare la cappella della sua nobile famiglia in San Francesco. Chi oggi visita la chiesa, tuttavia, trova al suo posto soltanto una targa: qui si ricorda che nel 1798 il generale napoleonico Giuseppe Lechi obbligò il municipio a rimuovere il quadro e a fargliene dono. Non fu la passione per l’arte a muovere Lechi, che dopo soli tre anni vendette l’opera a un mercante milanese per un prezzo esorbitante. Da allora lo Sposalizio passò di mano in mano, fino all’approdo all’Accademia e poi alla Pinacoteca di Brera. Il capolavoro di Città di Castello è un gioiello delle collezioni braidensi fin dall’inaugurazione del museo nel 1809.
Ma le sue avventure non finiscono qui: nel 1958 il pittore Nunzio Guglielmi si arma di punteruolo e martello e infrange il vetro che protegge l’opera. Poi colpisce il dipinto in due punti - sul gomito e sul ventre della Vergine - e vi incolla un volantino con su scritto: “Viva la rivoluzione italiana, via il governo clericale!”. La pala, ormai delicatissima, è stata sottoposta a un restauro completo nel 2009.
Raffaello Sanzio, Sposalizio della Vergine, 1504, Milano, Pinacoteca di Brera
Pietro Perugino (1448 - 1523), Sposalizio della Vergine, 1502, Olio su pannello, 234 x 185 cm, Musée des Beaux-Arts de Caen
Perché ai suoi tempi lo Sposalizio della Vergine apparve come un’opera di grande modernità?
Il modo più semplice per rendercene conto è confrontare il dipinto di Raffaello con una pala di identico soggetto dipinta dal suo maestro Perugino: nonostante gli elementi della composizione siano gli stessi, l’effetto è decisamente differente. Una generazione di distanza e l’innegabile genio del Sanzio trasformano una rappresentazione piena di grazia ma statica, in una scena più naturale e coinvolgente, che porta in sé il mistero della vita. Responsabili del cambiamento sono il dinamismo delle figure umane e della composizione, la caratterizzazione dei personaggi, i colori pieni e ricchi di sfumature sconosciute alla pittura quattrocentesca. La luce avvolge il dipinto nell’atmosfera calda del pomeriggio, come testimoniano le ombre distese al suolo, mentre lo sfondo incontra armoniosamente la scena delle nozze, fondendo i due piani in un insieme privo di cesure.
Chi sono i personaggi dipinti da Raffaello?
L’opera prende spunto da un episodio dei Vangeli apocrifi che narra delle nozze di Maria e Giuseppe. Gli sposi prendono posto al centro del dipinto, divisi solo dalla figura di un sacerdote in ricche vesti da cerimonia. Nessuno dei personaggi, tuttavia, prevale sugli altri catturando l’attenzione dello spettatore: la scena è imperniata sul principio dell’equilibrio, che resterà una cifra distintiva di Raffaello per tutto il corso della sua carriera. Uomini e donne, infine, sono separati in due gruppi in ossequio all’iconografia tradizionale delle nozze. L’artista non demolisce il passato a forza di rivoluzioni, ma lo supera e lo arricchisce nel nome di una dolce armonia.
Chi è l’uomo che spezza un ramoscello facendo leva sulla propria gamba?
È un pretendente deluso che esprime il proprio disappunto. Il racconto evangelico, infatti, narra che il sacerdote incaricato di trovare un marito per Maria diede a ciascuno dei candidati un ramo. Di tutti questi solo quello di Giuseppe fiorì. Nel dipinto possiamo osservare i tre piccoli fiori sbocciati sulla sua estremità: un segno del volere divino che indirizzò il corso della storia.
Qual è il significato dell’edificio sullo sfondo?
È il tempio di Gerusalemme, dove Maria fu allevata dai sacerdoti. Raffaello gli dedica una cura speciale, mostrando di essere al corrente delle novità introdotte nell’architettura da Leonardo da Vinci, Donato Bramante e Leon Battista Alberti. L’abbondanza di particolari che lo caratterizza ha fatto pensare che per realizzarlo sia stato addirittura usato un modellino di legno. All’interno della composizione il tempio occupa una posizione sopraelevata: un espediente per evitare che incombesse pesantemente sulla scena. Se guardiamo il portale, inoltre, notiamo che è doppio e sul lato opposto alla facciata si apre sul paesaggio e sull’infinito. È qui che si incontrano tutte le linee di prospettiva, facendo della porta il centro ottico del dipinto.
Il cerchio della perfezione
Se dividiamo l’opera in fasce orizzontali, notiamo che ognuna si allinea su un semicerchio immaginario: è vero per il pavimento come per la curva che congiunge il gruppo degli invitati e per le strutture del tempio. Tutto ha inizio con l’anello nuziale di Maria e Giuseppe, ma trova corrispondenza nel principio di perfezione matematica che impregna l’intera opera: un portato dell’ambiente artistico di Urbino in cui Raffaello si formò, diventando sensibile a tutto ciò che riguardava i numeri, la prospettiva e le simmetrie.
Perché lo Sposalizio della Vergine è un’icona del Rinascimento?
Dietro la scena delle nozze, Raffaello racconta un mondo nuovo: nell’architettura del tempio e nella struttura della composizione si incarnano l’anelito verso la conoscenza, l’uomo misura di tutte le cose, la bellezza ideale che nasce dallo studio della matematica e della prospettiva come strumenti per leggere il mondo. Un modello perfetto che va oltre la realtà, per fare le cose non “come le fa la natura, ma come ella dovrebbe farle”.
Dove possiamo ammirare il dipinto di Raffaello?
Lo Sposalizio della Vergine fu commissionato a Raffaello da Filippo Albizzini di Città di Castello, per ornare la cappella della sua nobile famiglia in San Francesco. Chi oggi visita la chiesa, tuttavia, trova al suo posto soltanto una targa: qui si ricorda che nel 1798 il generale napoleonico Giuseppe Lechi obbligò il municipio a rimuovere il quadro e a fargliene dono. Non fu la passione per l’arte a muovere Lechi, che dopo soli tre anni vendette l’opera a un mercante milanese per un prezzo esorbitante. Da allora lo Sposalizio passò di mano in mano, fino all’approdo all’Accademia e poi alla Pinacoteca di Brera. Il capolavoro di Città di Castello è un gioiello delle collezioni braidensi fin dall’inaugurazione del museo nel 1809.
Ma le sue avventure non finiscono qui: nel 1958 il pittore Nunzio Guglielmi si arma di punteruolo e martello e infrange il vetro che protegge l’opera. Poi colpisce il dipinto in due punti - sul gomito e sul ventre della Vergine - e vi incolla un volantino con su scritto: “Viva la rivoluzione italiana, via il governo clericale!”. La pala, ormai delicatissima, è stata sottoposta a un restauro completo nel 2009.
Raffaello Sanzio, Sposalizio della Vergine, 1504, Milano, Pinacoteca di Brera
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