Cinque domande sulla tela del Louvre
L'Autoritratto con un amico. Affetti e mistero nell'opera di Raffaello
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Raffaello Sanzio (Urbino, 28 marzo o 6 aprile 1483 - Roma, 6 aprile 1520), Autoritratto con un amico, 1518-1520, Olio su tela, 83 x 99 cm, Parigi, Museo del Louvre
Francesca Grego
07/05/2020
Due uomini emergono da una parete scura. Portano abiti quasi identici e la barba tagliata allo stesso modo. Uno, più maturo, è fermo e guarda lo spettatore dritto negli occhi. Poggia la mano sinistra sulla spalla dell’altro, che in risposta si volta verso di lui. Il braccio resta proteso in avanti, come per presentarsi o indicare qualcosa oltre lo spazio del quadro.
L’Autoritratto con un amico è tra le opere attribuite più recentemente a Raffaello Sanzio, ma anche una delle tele più misteriose del Divin Pittore. “Un esempio straordinariamente importante di composizione di due figure in un unico ritratto”, lo ha definito lo storico dell’arte Ferdinando Bologna: “Un doppio ritratto concentrato come se fosse una composizione storica. E in questo realmente memorabile”.
Chi sono gli uomini rappresentati nel quadro?
Quello in fondo è Sanzio, come intuiamo dal confronto con le incisioni di Giulio Bonasone e con il volto del pittore inserito negli affreschi delle Stanze Vaticane. Ha circa 35 anni e sembra un po’ stanco. Come sappiamo, mancano solo due anni alla sua dipartita. Più vivace il suo amico, sulla cui identità il dibattito è aperto. C’è chi ha visto in lui il maestro di scherma del pittore, come indicherebbe la mano sinistra appoggiata sull’elsa della spada, chi un committente come Giovanni Branconio, per il quale l’Urbinate progettò un palazzo a Roma nel quartiere del Borgo, o Agostino Chigi, il ricchissimo banchiere proprietario di Villa Farnesina. Altri hanno fatto il nome di Pietro Aretino, o di un giovane artista: l’allievo ed erede Giulio Romano, Baldassarre Peruzzi o Antonio da Sangallo junior?
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Raffaello Sanzio, Scuola di Atene, Dettaglio con l'Autoritratto di Raffaello Sanzio e il presunto ritratto del Sodoma,1509-1511, Stanza della Segnatura, Musei Vaticani
Come mai i due amici sono vestiti allo stesso modo e portano lo stesso taglio di barba?
Al di là della moda del Cinquecento, l’enfasi sull’analogia sembra alludere ad un legame profondo, così come il gioco degli sguardi e l’intesa immediata, che sono tra gli elementi più evidenti di questa rappresentazione raffaellesca.
Qual è la storia del dipinto?
Anche qui le certezze scarseggiano. Le prime notizie disponibili risalgono a un inventario del 1683: l’opera apparteneva allora a Luigi XIV, il Re Sole, e dalle collezioni reali passò al Louvre, dove si trova tuttora. Si vocifera che fosse già alla corte di Francia ai tempi di Francesco I, il sovrano mecenate di Leonardo, ma non ci sono prove sufficienti a sostegno di questa ipotesi. Per chi e per quale motivo Raffaello dipinse questo quadro? Forse non lo sapremo mai.
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Albrecht Dürer (1471 - 1528), Autoritratto con pelliccia, 1500, Olio su lino, 67.1 x 48.9 cm, Maxvorstadt, Alte Pinakothek
Quali influenze aleggiano sulla tela?
Per lungo tempo l’Autoritratto con un amico è stato attribuito a Sebastiano del Piombo, a causa di uno stile che a tratti può ricordare la pittura veneta. Secondo alcuni studiosi, invece, la posa ieratica di Raffaello fa pensare all’Autoritratto con pelliccia di Albrecht Dürer, che il Sanzio conosceva e ammirava. Certamente l’Urbinate mette qui tutta la sua abilità nell’arte del ritratto, un genere che gli è decisamente congeniale. Insolito e moderno è il dinamismo della relazione tra i protagonisti, incorniciati in un’immagine dal taglio quasi fotografico.
Che cosa ci racconta l’Autoritratto con un amico a proposito di Raffaello?
Per il professor Claudio Strinati l’opera rivela più di un’analogia con la relazione che si instaura tra San Pietro e l’Angelo nella Stanza di Eliodoro e tra Platone e Aristotele nell’affresco della Scuola di Atene. Le posizioni reciproche dei protagonisti, in particolare i gesti di braccia e mani, mettono in evidenza il tema della protezione, della cura, della guida premurosa che Strinati segnala come un tema costante nella vita e nell’opera di Raffaello. Non ha tanta importanza sapere chi sia l’amico misterioso, sostiene lo storico dell’arte, quanto soffermarsi sul rapporto attento e affettuoso che il Maestro instaurò con i numerosi allievi cresciuti nella sua bottega e notare come questo aspetto della personalità si rifletta nella sua opera.
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Qual è la storia del dipinto?
Anche qui le certezze scarseggiano. Le prime notizie disponibili risalgono a un inventario del 1683: l’opera apparteneva allora a Luigi XIV, il Re Sole, e dalle collezioni reali passò al Louvre, dove si trova tuttora. Si vocifera che fosse già alla corte di Francia ai tempi di Francesco I, il sovrano mecenate di Leonardo, ma non ci sono prove sufficienti a sostegno di questa ipotesi. Per chi e per quale motivo Raffaello dipinse questo quadro? Forse non lo sapremo mai.
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Albrecht Dürer (1471 - 1528), Autoritratto con pelliccia, 1500, Olio su lino, 67.1 x 48.9 cm, Maxvorstadt, Alte Pinakothek
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RAFFAELLO. L’Accademia di San Luca e il mito dell’Urbinate
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Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche
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Raphael Ware. I colori del Rinascimento
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Raffaello in Umbria
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Le trame di Raffaello. Il restauro dell’arazzo Madonna del Divino Amore del Museo Pontificio di Loreto
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DAL 03/10/2020 AL 10/01/2021 Perugia | Galleria Nazionale dell’Umbria
La fortuna della Deposizione Baglioni di Raffaello nelle copie perugine