Viaggio in uno dei più amati musei d’Italia
Cinque cose da sapere sulla Galleria dell'Accademia a Firenze
Michelangelo Buonarroti, David, 1501-1504. Galleria dell'Accademia, Firenze. Jörg Bittner Unna / CC BY (https://creativecommons.org/licenses/by/3.0)
Francesca Grego
16/07/2020
Firenze - La sua fama è legata al David di Michelangelo, ma la Galleria dell’Accademia è molto di più: una miniera di bellezza e di curiosità sul passato di Firenze, un’architettura storica che oltre a ospitare grandi capolavori ha visto nuova arte nascere e crescere a partire dalla sua fondazione nel XVIII secolo. Ecco cinque cose da sapere prima di visitare uno dei più amati musei fiorentini.
Dall’Illuminismo alla Restaurazione: una storia in crescendo
La Galleria dell’Accademia nacque come un luogo di studio. Nel 1784 la storica Accademia di Belle Arti di Firenze fu rifondata sulla base delle idee dell’Illuminismo, trovando posto negli antichi edifici dell’Ospedale di San Matteo e del Convento di San Niccolò di Cafaggio. L’artefice della trasformazione, il granduca Pietro Leopoldo di Toscana, volle offrire agli studenti una raccolta di opere d’arte che favorisse l’osservazione diretta, l’imitazione dei più alti esempi della tradizione toscana e la conoscenza dei metodi dei maestri del passato. Per questo motivo nei reparti maschili del vecchio ospedale fu allestita una ricca collezione di riproduzioni in gesso, di disegni preparatori e modelli di vario tipo, mentre l’antica corsia delle donne ospitò la sezione di pittura. Con la soppressione di monasteri e istituzioni religiose ad opera del granduca e poi di Napoleone, la Galleria si arricchì di autentici capolavori, tra cui la Maestà di Cimabue, il Battesimo di Cristo di Leonardo e Verrocchio, la Primavera di Botticelli. Ma la stagione napoleonica non fu tutta rose e fiori: molte opere presero la via della Francia e non tutte furono recuperate dopo il Congresso di Vienna. Nel 1873 trovò casa al museo il David di Michelangelo: sarebbe presto diventato il simbolo della Galleria, che aprì le sue porte al pubblico vent’anni dopo.
Michelangelo Buonarroti, David 1501-1504, Galleria dell'Accademia - David Bickerstaff. Courtesy of Nexo Digital
Una collezione di tesori
Dipinti su tavola e su tela, marmi possenti, gessi raffinati e splendenti fondi oro permettono di ripercorrere l’evoluzione dell’arte a Firenze e in Toscana dal XIII al XIX secolo, come nelle intenzioni originarie del fondatore Pietro Leopoldo. Se Giotto e i suoi seguaci rappresentano il cuore antico della raccolta di pittura, il Rinascimento può essere indagato in tutte le sue fasi nelle sale della Galleria dell’Accademia. Beato Angelico, Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Paolo Uccello, Pontormo, Daniele da Volterra, il Bronzino illustrano con le loro opere l’epoca d’oro di Firenze. A tutto questo si aggiunge il più ampio nucleo di sculture di Michelangelo conservato in un museo, composto da ben sette statue di grandi dimensioni.
Il Salone dell’Ottocento apre uno scorcio sull’arte fiorita in città grazie alla creazione dell’Accademia. Un affresco del Pontormo mostra l’aspetto originario della sala, per poi lasciare spazio a dipinti e statue del XIX secolo. Tra queste spicca cui una preziosa collezione di gessi dello scultore toscano Lorenzo Bartolini. Una raccolta di icone russe e una prestigiosa sezione dedicata agli strumenti musicali antichi raccontano infine i raffinati interessi culturali dei granduchi di Firenze, dai Medici ai Lorena.
Pietro Perugino, Pala di Vallobrosa (dettaglio), 1500. Galleria dell'Accademia, Firenze. Pietro Perugino / Public domain via Wikimedia commons
Michelangelo alla Galleria dell’Accademia
Dopo tre secoli trascorsi sotto le intemperie di Piazza della Signoria, nel 1873 il David di Michelangelo trasloca all’Accademia di Belle Arti, dove una nuova, scenografica architettura è stata progettata appositamente per ospitarlo. Una folla eccitata assiste al trasporto del gigante su un carro di legno, ma prima di essere esposto definitivamente nella “sua” tribuna il David è costretto ad attendere ben nove anni. Il nuovo spazio in stile neoclassico è sormontato da un ampio lucernario circolare lascia passare i raggi del sole, valorizzando in ogni dettaglio la bellezza scultorea dell’eroe michelangiolesco. Nel museo fiorentino la strada verso il David è un percorso in crescendo: ci arriviamo attraverso la Galleria dei Prigioni, quattro colossi non finiti che Michelangelo creò per la faraonica tomba di papa Giulio II. Imponenti nudi maschili sono rappresentati nell’atto di “uscire” dal marmo, esemplificando l’idea di scultura del genio fiorentino e la liberazione dell’anima dalla schiavitù del corpo. Al termine del cammino, il David appare in tutta la sua perfezione: non ha trionfato solo sul gigante Golia, ma anche sugli abissi della materia.
Galleria dei Prigioni, Galleria dell'Accademia, Firenze. Yair Haklai / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)
La Sala del Colosso
Al centro della Sala del Colosso, il Ratto delle Sabine del Giambologna rapisce lo sguardo in un plastico vortice di corpi. Attorno all’imponente modello in gesso (l'originale si trova nella Loggia dei Lanzi), i colori del Rinascimento esplodono in un vasto repertorio di stili e formati, con opere provenienti da chiese e conventi fiorentini. C’è la piccola Madonna del Mare di Sandro Botticelli, ricca di preziosi dettagli, che deve il nome al paesaggio sullo sfondo e alla scintillante Stella Maris ricamata sul manto della Vergine, e la Tebaide di Paolo Uccello, in bilico tra residui gotici e novità giunte dalle Fiandre.
Imponenti pale d’altare ci riportano invece alla formazione di Michelangelo e di Raffaello con le firme dei rispettivi maestri Domenico Ghirlandaio e Pietro Perugino. Di quest’ultimo ammiriamo il pannello centrale del Polittico di Vallombrosa, requisito dagli eserciti napoleonici e restituito con la mediazione di Antonio Canova: tra angeli musicanti e monaci ritratti nei dettagli, un trionfo di colori e di panneggi preannuncia la pittura dell’Urbinate.
Sala del Colosso, Galleria dell'Accademia, Firenze. Photo credits Galleria dell'Accademia
Moda, musica, natura: una finestra sulla vita a Firenze
Come in un libro illustrato, le opere della Galleria dell’Accademia ci conducono in un viaggio nella vita quotidiana di Firenze dal Medioevo al Rinascimento, fino ai secoli più recenti. Il cosiddetto Cassone Adimari, per esempio, ci parla della consuetudine di decorare con dipinti i contenitori del corredo nuziale. Studi recenti suggeriscono che il pannello dello Scheggia, fratello minore di Masaccio, sia in realtà la spalliera di un letto, ma il suo messaggio resta intatto: sulla tavola minuziosamente istoriata assistiamo a un matrimonio dell’alta società fiorentina. Riconosciamo la strada (l’attuale via Calzaiuoli), ammiriamo il cielo a drappi - una sfarzosa tenda tesa sul percorso del corteo - nonché gli abiti eleganti degli invitati, gli strumenti d’epoca dei musici, i vassoi di vivande trasportati sulla testa dai servitori.
Scheggia, Cassone Adimari (dettaglio), 1450 circa. Galleria dell'Accademia Firenze. Public Domain via Wikimedia commons
A pochi passi dal David, tre dipinti di Alessandro Allori sono un’enciclopedia del linguaggio dei fiori diffuso nella Firenze cinquecentesca: un giardino allegorico di narcisi, tulipani, rose, mughetti, gigli, non-ti-scordar-di-me ci sfida a decifrare i simboli nascosti tra petali variopinti. Un vero e proprio Museo della Musica ci invita a entrare infine nell’universo sonoro dei signori di Firenze. Tra dipinti di soggetto musicale scopriamo strumenti seicenteschi e settecenteschi che sono autentici gioielli: viole, violini e violoncelli di Stradivari, e il più antico esemplare di pianoforte verticale conosciuto. Supporti multimediali permettono di ascoltare il suono degli strumenti esposti e di conoscerne la storia.
Dall’Illuminismo alla Restaurazione: una storia in crescendo
La Galleria dell’Accademia nacque come un luogo di studio. Nel 1784 la storica Accademia di Belle Arti di Firenze fu rifondata sulla base delle idee dell’Illuminismo, trovando posto negli antichi edifici dell’Ospedale di San Matteo e del Convento di San Niccolò di Cafaggio. L’artefice della trasformazione, il granduca Pietro Leopoldo di Toscana, volle offrire agli studenti una raccolta di opere d’arte che favorisse l’osservazione diretta, l’imitazione dei più alti esempi della tradizione toscana e la conoscenza dei metodi dei maestri del passato. Per questo motivo nei reparti maschili del vecchio ospedale fu allestita una ricca collezione di riproduzioni in gesso, di disegni preparatori e modelli di vario tipo, mentre l’antica corsia delle donne ospitò la sezione di pittura. Con la soppressione di monasteri e istituzioni religiose ad opera del granduca e poi di Napoleone, la Galleria si arricchì di autentici capolavori, tra cui la Maestà di Cimabue, il Battesimo di Cristo di Leonardo e Verrocchio, la Primavera di Botticelli. Ma la stagione napoleonica non fu tutta rose e fiori: molte opere presero la via della Francia e non tutte furono recuperate dopo il Congresso di Vienna. Nel 1873 trovò casa al museo il David di Michelangelo: sarebbe presto diventato il simbolo della Galleria, che aprì le sue porte al pubblico vent’anni dopo.
Michelangelo Buonarroti, David 1501-1504, Galleria dell'Accademia - David Bickerstaff. Courtesy of Nexo Digital
Una collezione di tesori
Dipinti su tavola e su tela, marmi possenti, gessi raffinati e splendenti fondi oro permettono di ripercorrere l’evoluzione dell’arte a Firenze e in Toscana dal XIII al XIX secolo, come nelle intenzioni originarie del fondatore Pietro Leopoldo. Se Giotto e i suoi seguaci rappresentano il cuore antico della raccolta di pittura, il Rinascimento può essere indagato in tutte le sue fasi nelle sale della Galleria dell’Accademia. Beato Angelico, Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Paolo Uccello, Pontormo, Daniele da Volterra, il Bronzino illustrano con le loro opere l’epoca d’oro di Firenze. A tutto questo si aggiunge il più ampio nucleo di sculture di Michelangelo conservato in un museo, composto da ben sette statue di grandi dimensioni.
Il Salone dell’Ottocento apre uno scorcio sull’arte fiorita in città grazie alla creazione dell’Accademia. Un affresco del Pontormo mostra l’aspetto originario della sala, per poi lasciare spazio a dipinti e statue del XIX secolo. Tra queste spicca cui una preziosa collezione di gessi dello scultore toscano Lorenzo Bartolini. Una raccolta di icone russe e una prestigiosa sezione dedicata agli strumenti musicali antichi raccontano infine i raffinati interessi culturali dei granduchi di Firenze, dai Medici ai Lorena.
Pietro Perugino, Pala di Vallobrosa (dettaglio), 1500. Galleria dell'Accademia, Firenze. Pietro Perugino / Public domain via Wikimedia commons
Michelangelo alla Galleria dell’Accademia
Dopo tre secoli trascorsi sotto le intemperie di Piazza della Signoria, nel 1873 il David di Michelangelo trasloca all’Accademia di Belle Arti, dove una nuova, scenografica architettura è stata progettata appositamente per ospitarlo. Una folla eccitata assiste al trasporto del gigante su un carro di legno, ma prima di essere esposto definitivamente nella “sua” tribuna il David è costretto ad attendere ben nove anni. Il nuovo spazio in stile neoclassico è sormontato da un ampio lucernario circolare lascia passare i raggi del sole, valorizzando in ogni dettaglio la bellezza scultorea dell’eroe michelangiolesco. Nel museo fiorentino la strada verso il David è un percorso in crescendo: ci arriviamo attraverso la Galleria dei Prigioni, quattro colossi non finiti che Michelangelo creò per la faraonica tomba di papa Giulio II. Imponenti nudi maschili sono rappresentati nell’atto di “uscire” dal marmo, esemplificando l’idea di scultura del genio fiorentino e la liberazione dell’anima dalla schiavitù del corpo. Al termine del cammino, il David appare in tutta la sua perfezione: non ha trionfato solo sul gigante Golia, ma anche sugli abissi della materia.
Galleria dei Prigioni, Galleria dell'Accademia, Firenze. Yair Haklai / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)
La Sala del Colosso
Al centro della Sala del Colosso, il Ratto delle Sabine del Giambologna rapisce lo sguardo in un plastico vortice di corpi. Attorno all’imponente modello in gesso (l'originale si trova nella Loggia dei Lanzi), i colori del Rinascimento esplodono in un vasto repertorio di stili e formati, con opere provenienti da chiese e conventi fiorentini. C’è la piccola Madonna del Mare di Sandro Botticelli, ricca di preziosi dettagli, che deve il nome al paesaggio sullo sfondo e alla scintillante Stella Maris ricamata sul manto della Vergine, e la Tebaide di Paolo Uccello, in bilico tra residui gotici e novità giunte dalle Fiandre.
Imponenti pale d’altare ci riportano invece alla formazione di Michelangelo e di Raffaello con le firme dei rispettivi maestri Domenico Ghirlandaio e Pietro Perugino. Di quest’ultimo ammiriamo il pannello centrale del Polittico di Vallombrosa, requisito dagli eserciti napoleonici e restituito con la mediazione di Antonio Canova: tra angeli musicanti e monaci ritratti nei dettagli, un trionfo di colori e di panneggi preannuncia la pittura dell’Urbinate.
Sala del Colosso, Galleria dell'Accademia, Firenze. Photo credits Galleria dell'Accademia
Moda, musica, natura: una finestra sulla vita a Firenze
Come in un libro illustrato, le opere della Galleria dell’Accademia ci conducono in un viaggio nella vita quotidiana di Firenze dal Medioevo al Rinascimento, fino ai secoli più recenti. Il cosiddetto Cassone Adimari, per esempio, ci parla della consuetudine di decorare con dipinti i contenitori del corredo nuziale. Studi recenti suggeriscono che il pannello dello Scheggia, fratello minore di Masaccio, sia in realtà la spalliera di un letto, ma il suo messaggio resta intatto: sulla tavola minuziosamente istoriata assistiamo a un matrimonio dell’alta società fiorentina. Riconosciamo la strada (l’attuale via Calzaiuoli), ammiriamo il cielo a drappi - una sfarzosa tenda tesa sul percorso del corteo - nonché gli abiti eleganti degli invitati, gli strumenti d’epoca dei musici, i vassoi di vivande trasportati sulla testa dai servitori.
Scheggia, Cassone Adimari (dettaglio), 1450 circa. Galleria dell'Accademia Firenze. Public Domain via Wikimedia commons
A pochi passi dal David, tre dipinti di Alessandro Allori sono un’enciclopedia del linguaggio dei fiori diffuso nella Firenze cinquecentesca: un giardino allegorico di narcisi, tulipani, rose, mughetti, gigli, non-ti-scordar-di-me ci sfida a decifrare i simboli nascosti tra petali variopinti. Un vero e proprio Museo della Musica ci invita a entrare infine nell’universo sonoro dei signori di Firenze. Tra dipinti di soggetto musicale scopriamo strumenti seicenteschi e settecenteschi che sono autentici gioielli: viole, violini e violoncelli di Stradivari, e il più antico esemplare di pianoforte verticale conosciuto. Supporti multimediali permettono di ascoltare il suono degli strumenti esposti e di conoscerne la storia.
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