Giordano Passarella interverrà sulla scultura sfregiata di Antonio Canova
La Paolina Borghese ferita potrà guarire. Ne parla il restauratore della Gypsotheca Canova
Antonio Canova, Paolina Borghese come Venere Vincitrice, 1804-1808, Gesso, Possagno, Gypsotheca e Museo Antonio Canova | Courtesy of Museo Canova
Samantha De Martin
06/08/2020
Era già accaduto poco più di cento anni fa. Ma nel Natale del 1917 a provocare l’incidente non era stato il selfie di un turista distratto, bensì una granata piombata, forse per errore, sulla Gypsotheca di Possagno, sfondando il tetto e ferendo buona parte dei modelli originali in gesso dai quali Antonio Canova faceva trarre dalla sua bottega i marmi. E danneggiando anche le dita del piede della sensuale sorella di Napoleone rappresentata da Antonio Canova, su personale richiesta della donna, nella posa solitamente dedicata a Venere.
Quelle stesse dita danneggiate dalla guerra, rimaste per anni frammentate per essere ricostruite solo in tempi recenti, sono le stesse che, nei giorni scorsi, un visitatore austriaco del celebre museo ha ridotto in frantumi. Si era accomodato sulla scultura per scattare una foto ricordo in compagnia della sensuale donna del principe Camillo Borghese, languidamente distesa sulla sua agrippina, il busto eretto e nudo, il volto idealizzato, bellissima nelle sue fattezze da dea.
“Ognuno di noi - commenta Moira Mascotto, direttrice del Museo Gypsotheca Antonio Canova, riferendosi all’episodio - deve prendersi cura del patrimonio artistico pubblico e privato, ereditato dal passato e tutelarlo per tramandarlo alle future generazioni. Dal canto suo il museo è chiamato a tutelare il patrimonio che custodisce con varie misure di sicurezza che vanno dai guardasala ai sistemi di sorveglianza. Certo è che potremmo mettere anche dieci guardasala, ma se c'è qualcuno che vuole fare un gesto sconsiderato può farlo comunque."
L'incidente causato da un visitatore sconsiderato che si è seduto sulla statua della Paolina porta alla luce anche un altro tema secondario, cioè quello della fatica da museo. "E' un fatto riconosciuto: stare in piedi per tante ore provoca affaticamento, non c'è dubbio. Tuttavia bisogna vedere se ci sono le condizioni, specialmente in questo periodo di Coronavirus dove il distanziamento è obbligatorio, per modificare l'allestimento del museo introducendo dei punti di seduta. Qui alla Gypsotheca stiamo portando avanti delle riflessioni su come migliorarci”.
Ma come verranno risistemate le dita di Paolina Borghese come Venere vincitrice, la donna avvenente e colta che animò la vita mondana di Roma all’inizio dell’Ottocento e la cui scultura sarebbe diventata uno dei principali simboli dell’ascesa politica dei Napoleonidi in Europa? Lo abbiamo chiesto a Giordano Passarella, restauratore della Gypsotheca di Possagno.
“Le dita che hanno subito il danneggiamento - spiega Passarella - sono le stesse che erano state distrutte durante la guerra, e che, nel 2004, vennero ricostruite e reintegrate attraverso l’applicazione di nuove tecnologie, con una scansione 3D dall’opera in marmo - della quale il gesso di Possagno costituisce la matrice originale - conservata alla Galleria Borghese di Roma. Con questo stesso procedimento era stato possibile rifare la testa, la mano destra con un pezzo di braccio e le dita mancanti danneggiate dalla granata”.
Antonio Canova, Paolina Borghese Bonaparte come Venere vincitrice, 1804, Marmo di Carrara, Roma, Galleria Borghese
Ma cosa è successo qualche giorno fa alla statua di Paolina, alla quale Canova lavorò tra il 1804 e il 1808 e che inizialmente il marito, il principe Camillo Borghese, volle collocare a Palazzo Chablais a Torino scegliendo per lei una destinazione solamente privata?
“Tre dita del piede, frutto del restauro del 2004 - spiega Passarella - sono state staccate di netto, mentre le altre due risultano danneggiate. L’alluce risulta spezzato a metà. Risultano anche delle scalfiture, piccole lesioni nell’area circostante, sul materasso, sulla gamba, sul panneggio. Due lesioni, ma sono da verificare, attraversano la statua nella larghezza, all’altezza della tibia. Ad ogni modo andrà fatta una perizia per capire se queste lesioni fossero presenti prima del danno di venerdì scorso”.
Qual è stato il suo intervento?
“Il giorno dell’incidente sono stato chiamato dalla direzione della Gypsotheca per mettere in sicurezza l’opera e per raccogliere i frammenti affinché non andassero persi. Attraverso una prima ricognizione abbiamo fatto un rilievo dei frammenti così com’erano. Abbiamo scattato una foto prima di toccare il tutto e poi abbiamo raccolto i frammenti in un contenitore imbottito, lasciandoli nella stessa posizione nella quale giacevano sulla scultura. L’opera, pur rimanendo nella sua sala, visibile al pubblico, è stata inizialmente transennata e poi messa in sicurezza grazie a un nastro. Prima di me sono arrivati i Carabinieri che hanno effettuato i rilievi di loro competenza”.
Cosa ha pensato quando ha visto le dita spezzate?
“Ho pensato alle dita originali. Ho visto dei perni di consolidamento apposti dal conservatore Sirio Serafin nel dopoguerra. Si tratta di un tocco riconoscibile perché questo restauratore utilizzava le ossa di gallina per incollare le parti staccate. Ho pensato tecnicamente a come raccogliere i frammenti, così ho scattato una fotografia in pianta, dall’alto prima di toccare qualsiasi cosa”.
E adesso?
“Adesso ci sarà una procedura che consisterà in una perizia dettagliata sui danni. Dovrò raccogliere una documentazione fotografica dell’opera per capire se le altre lesioni che abbiamo notato siano storiche o inferte in seguito a questo incidente. E poi dovremo effettuare una relazione tecnica con la proposta dell’intervento di restauro da sottoporre alla Soprintendenza per l’autorizzazione”.
Questo atto vandalico ha dei precedenti in Gypsotheca?
“No, la Gypsoteca nella sua storia non ha registrato atti vandalici, ma solo incidenti occasionali, come il bombardamento del 1917 che ha provocato il danneggiamento di alcune opere. La grandiosa opera di restauro dei conservatori Stefano e Siro Serafin consentì di far rinascere la Gypsotheca e di riaprirla ai visitatori nel 1922”.
Quanto tempo ci vorrà per restituire a Paolina le sue dita? L'opera rimarrà visibile al pubblico?
“Ci vorrà circa un mese di lavoro, anche se i tempi variano in base al tipo di intervento che sarà deciso assieme alla direzione dei Musei e alla Soprintendenza. L’opera molto probabilmente non sarà spostata dalla sua sede e il restauro potrebbe essere effettuato sul posto”.
Come pensate di procedere per sistemare i frammenti staccati?
“Bisognerà decidere se recuperare i frammenti e riassemblarli per poi rincollarli, oppure se ricostruire di sana pianta le dita con l’ausilio del file della scansione 3D che abbiamo ancora a disposizione. Ma si tratta di ipotesi”.
Nel caso in cui si decidesse di riassemblare i frammenti, che tipo di materiale verrebbe utilizzato?
“È ancora presto per dirlo. Il materiale utilizzato per le dita è molto fragile. La parte esterna è abbastanza solida, ma quella interna è polverosa. Prima di stabilire il tipo di intervento bisogna capire, attraverso delle analisi chimiche, che tipo di materiale sia stato utilizzato - se il gesso, la pietra, un conglomerato di polvere di pietra con un legante acrlico - e scegliere di conseguenza i prodotti più idonei”.
La Gypsotheca ottocentesca del Museo Antonio Canova, Possagno | Foto: © Sara Pitteri per ARTE.it 2017
La Gypsotheca è volutamente priva di barriere protettive, in quanto nasce con un’idea molto particolare. Viene costruita nel 1834 per ospitare la collezione completa dei modelli originali in gesso che si trovavano nello Studio di Canova a Roma, e che alla morte dell’artista furono portati a Possagno dal fratello Giovanni Battista Sartori. La raccolta nasce dalla volontà di mantenere quell'identità a metà tra l’accademia e la bottega. Eventuali barriere potrebbero disturbare il magnifico impatto emotivo che offre la vista delle sale.
Intanto sono arrivate le scuse del turista austriaco responsabile del danneggiamento, identificato grazie alle immagini delle telecamere interne del museo. L’uomo si è “consegnato” scrivendo una lettera al presidente di Fondazione Canova Vittorio Sgarbi e al Museo, definendo “irresponsabile” il proprio comportamento.
Paolina Borghese, in attesa dell’intervento, resta al momento protetta da un nastro. Anche senza dita, leggermente ferita, con il pomo nella sinistra offertole da Paride, è sempre lei la più bella tra le belle.
Antonio Canova, Paolina Borghese Bonaparte come Venere vincitrice, Dettaglio, 1804, Marmo di Carrara, Roma, Galleria Borghese | Foto: Architas via Wikimedia Creative Commons
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L'incidente causato da un visitatore sconsiderato che si è seduto sulla statua della Paolina porta alla luce anche un altro tema secondario, cioè quello della fatica da museo. "E' un fatto riconosciuto: stare in piedi per tante ore provoca affaticamento, non c'è dubbio. Tuttavia bisogna vedere se ci sono le condizioni, specialmente in questo periodo di Coronavirus dove il distanziamento è obbligatorio, per modificare l'allestimento del museo introducendo dei punti di seduta. Qui alla Gypsotheca stiamo portando avanti delle riflessioni su come migliorarci”.
Ma come verranno risistemate le dita di Paolina Borghese come Venere vincitrice, la donna avvenente e colta che animò la vita mondana di Roma all’inizio dell’Ottocento e la cui scultura sarebbe diventata uno dei principali simboli dell’ascesa politica dei Napoleonidi in Europa? Lo abbiamo chiesto a Giordano Passarella, restauratore della Gypsotheca di Possagno.
“Le dita che hanno subito il danneggiamento - spiega Passarella - sono le stesse che erano state distrutte durante la guerra, e che, nel 2004, vennero ricostruite e reintegrate attraverso l’applicazione di nuove tecnologie, con una scansione 3D dall’opera in marmo - della quale il gesso di Possagno costituisce la matrice originale - conservata alla Galleria Borghese di Roma. Con questo stesso procedimento era stato possibile rifare la testa, la mano destra con un pezzo di braccio e le dita mancanti danneggiate dalla granata”.
Antonio Canova, Paolina Borghese Bonaparte come Venere vincitrice, 1804, Marmo di Carrara, Roma, Galleria Borghese
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“Tre dita del piede, frutto del restauro del 2004 - spiega Passarella - sono state staccate di netto, mentre le altre due risultano danneggiate. L’alluce risulta spezzato a metà. Risultano anche delle scalfiture, piccole lesioni nell’area circostante, sul materasso, sulla gamba, sul panneggio. Due lesioni, ma sono da verificare, attraversano la statua nella larghezza, all’altezza della tibia. Ad ogni modo andrà fatta una perizia per capire se queste lesioni fossero presenti prima del danno di venerdì scorso”.
Qual è stato il suo intervento?
“Il giorno dell’incidente sono stato chiamato dalla direzione della Gypsotheca per mettere in sicurezza l’opera e per raccogliere i frammenti affinché non andassero persi. Attraverso una prima ricognizione abbiamo fatto un rilievo dei frammenti così com’erano. Abbiamo scattato una foto prima di toccare il tutto e poi abbiamo raccolto i frammenti in un contenitore imbottito, lasciandoli nella stessa posizione nella quale giacevano sulla scultura. L’opera, pur rimanendo nella sua sala, visibile al pubblico, è stata inizialmente transennata e poi messa in sicurezza grazie a un nastro. Prima di me sono arrivati i Carabinieri che hanno effettuato i rilievi di loro competenza”.
Cosa ha pensato quando ha visto le dita spezzate?
“Ho pensato alle dita originali. Ho visto dei perni di consolidamento apposti dal conservatore Sirio Serafin nel dopoguerra. Si tratta di un tocco riconoscibile perché questo restauratore utilizzava le ossa di gallina per incollare le parti staccate. Ho pensato tecnicamente a come raccogliere i frammenti, così ho scattato una fotografia in pianta, dall’alto prima di toccare qualsiasi cosa”.
E adesso?
“Adesso ci sarà una procedura che consisterà in una perizia dettagliata sui danni. Dovrò raccogliere una documentazione fotografica dell’opera per capire se le altre lesioni che abbiamo notato siano storiche o inferte in seguito a questo incidente. E poi dovremo effettuare una relazione tecnica con la proposta dell’intervento di restauro da sottoporre alla Soprintendenza per l’autorizzazione”.
Questo atto vandalico ha dei precedenti in Gypsotheca?
“No, la Gypsoteca nella sua storia non ha registrato atti vandalici, ma solo incidenti occasionali, come il bombardamento del 1917 che ha provocato il danneggiamento di alcune opere. La grandiosa opera di restauro dei conservatori Stefano e Siro Serafin consentì di far rinascere la Gypsotheca e di riaprirla ai visitatori nel 1922”.
Quanto tempo ci vorrà per restituire a Paolina le sue dita? L'opera rimarrà visibile al pubblico?
“Ci vorrà circa un mese di lavoro, anche se i tempi variano in base al tipo di intervento che sarà deciso assieme alla direzione dei Musei e alla Soprintendenza. L’opera molto probabilmente non sarà spostata dalla sua sede e il restauro potrebbe essere effettuato sul posto”.
Come pensate di procedere per sistemare i frammenti staccati?
“Bisognerà decidere se recuperare i frammenti e riassemblarli per poi rincollarli, oppure se ricostruire di sana pianta le dita con l’ausilio del file della scansione 3D che abbiamo ancora a disposizione. Ma si tratta di ipotesi”.
Nel caso in cui si decidesse di riassemblare i frammenti, che tipo di materiale verrebbe utilizzato?
“È ancora presto per dirlo. Il materiale utilizzato per le dita è molto fragile. La parte esterna è abbastanza solida, ma quella interna è polverosa. Prima di stabilire il tipo di intervento bisogna capire, attraverso delle analisi chimiche, che tipo di materiale sia stato utilizzato - se il gesso, la pietra, un conglomerato di polvere di pietra con un legante acrlico - e scegliere di conseguenza i prodotti più idonei”.
La Gypsotheca ottocentesca del Museo Antonio Canova, Possagno | Foto: © Sara Pitteri per ARTE.it 2017
La Gypsotheca è volutamente priva di barriere protettive, in quanto nasce con un’idea molto particolare. Viene costruita nel 1834 per ospitare la collezione completa dei modelli originali in gesso che si trovavano nello Studio di Canova a Roma, e che alla morte dell’artista furono portati a Possagno dal fratello Giovanni Battista Sartori. La raccolta nasce dalla volontà di mantenere quell'identità a metà tra l’accademia e la bottega. Eventuali barriere potrebbero disturbare il magnifico impatto emotivo che offre la vista delle sale.
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