Dal 22 maggio la statua di Washington sarà alla Frick Collection
Come ti porto Canova a New York, parola di Franca Coin
Franca Coin, presidente di Venice International Foundation. Photo credit Lino Zanesco per Fondazione Canova.
Eleonora Zamparutti
21/12/2017
Da Possagno, nella profonda provincia trevigiana, a Fifth Avenue il salto è notevole. Ma non per un colosso di gesso che già all’inizio dell’Ottocento - nella sua versione in marmo - aveva varcato le colonne d’Ercole per raggiungere gli Stati Uniti.
Stiamo parlando della statua di George Washington che Thomas Jefferson commissionò ad Antonio Canova nel 1816.
L’opera giunse a destinazione solo nel 1821 e fu collocata a Raleigh presso la hall del Senato dello Stato del North Carolina. Sfortunatamente, dieci anni dopo un incendio distrusse l’edificio, mandando in frantumi la preziosa opera in marmo.
Il prossimo 22 maggio, in occasione dei 200 anni dalla realizzazione della statua originale, il modello di gesso preparatorio a grandezza naturale di George Washington creato da Antonio Canova sarà trasferito dalla Gypsotheca e Museo Canova di Possagno (dove attualmente è custodito e da dove non è mai uscito) alla Frick Collection di New York.
Una meta importante, frutto di un’incessante attività di comunicazione e di raccolta fondi portata avanti negli anni con grande energia da Franca Coin.
“La storia è cominciata sei anni fa. Ero già Presidente del consiglio di amministrazione di Venice International Foundation, un’associazione privata nata con lo scopo di affiancare la direzione dei Musei Civici di Venezia e di fatto una delle prime forme di collaborazione tra pubblico e privato” afferma Franca Coin. “La nostra attività era incentrata sui restauri. Non si sa bene come mai, ma l’attività di restauro è considerata identificante per la femminilità”.
Facciamo un passo indietro. Com’è nata l’idea di sostenere l’attività dei musei di Venezia, attraverso la raccolta di fondi privati?
“Siamo nati per volontà dell’allora sindaco di Venezia, Massimo Cacciari. La missione inizialmente non era ancora ben definita. Io provengo dal mondo della comunicazione e della pubblicità, ho lavorato per Vogue Francia e ho vissuto a Milano negli anni d’oro della pubblicità e del boom. Poi ho sposato mio marito, Piergiorgio Coin, e sono venuta ad abitare a Venezia. A un certo punto ero stanca di fare la casalinga. Forse inizialmente era stato proposto a mio marito di dare una mano ai Musei Civici di Venezia, ora non ricordo bene. Fatto sta che ho preso in mano la situazione e ho iniziato mettendo insieme amici in giro per il mondo. Ho creato un’associazione e ho cominciato a raccogliere le prime adesioni con le rispettive quote. La Venice International Foundation lavorava in collaborazione con i Musei Civici di Venezia: insieme si chiedeva al Comune su quali progetti era opportuno investire. Abbiamo cominciato con i restauri. Poi sei anni fa ho pensato che era opportuno allargare il micro mecenatismo, quello che oggi si chiama crowdfounding”.
E a quel punto nasce l’interesse verso Antonio Canova?
“Ho pensato di sfruttare le mie conoscenze negli Stati Uniti, considerando che i donatori avevano la possibilità di defiscalizzare i loro contributi. E così ho dato vita a Friends of Venice Italy, un’organizzazione non profit che opera raccogliendo fondi per preservare Venezia. Per gli Stati Uniti occorrevano iniziative che rendessero le persone orgogliose di prendere parte a grandi progetti. E’ a quel punto che mi hanno proposto di restaurare le 5 stanze del Museo Correr dedicate ad Antonio Canova. Si trattava di un impegno notevole. Da lì ha inizio il progetto “Sublime Canova”. In seguito le Gallerie dell’Accademia di Venezia mi hanno proposto di intervenire nelle 7 stanze dell’Ala palladiana dove sono conservate alcune statue di Antonio Canova. E poi un giorno a Possagno, presso la Gypsotheca e Museo Antonio Canova, ho visto l’originale in gesso della statua di George Washington, commissionata da Thomas Jefferson. Lì è nata l’idea della mostra “Il Canova di George Washington””.
Nel frattempo Franca Coin conosce Xavier F. Salomon, capo curatore della Frick Collection e insieme a lui, in collaborazione con Mario Guderzo, direttore della Gypsotheca e Museo Antonio Canova, prende corpo l’idea di riportare negli Stati Uniti la statua del primo presidente.
Poi sono stati attivati i contatti con il Consolato Generale d'Italia per realizzare in parallelo una mostra di fotografie e con l’Istituto Italiano di Cultura per un’esposizione sulle tempere di Canova, lavori di estrema bellezza che fino ad ora non sono mai usciti dal Museo di Possagno. Nel 2019 verrà inoltre organizzata una mostra sulle opere di Antonio Canova anche alla National Gallery di Washington, grazie alla collaborazione con il curatore C. D. Dickerson III, capo del dipartimento di scultura.
Ora quali sono i suoi obiettivi?
“Venezia è un megafono mondiale. Tra i miei amici più giovani è in voga la definizione di Venezia come piattaforma, termine che voglio cogliere nell’accezione più positiva. L’idea è di curarci della bellezza che abbiamo, di esserne orgogliosi e di comunicare nel modo giusto la nostra cultura a livello mondiale. Credo molto nel contributo fatto di piccole partecipazioni per ottenere grandi risultati: dà una grande soddisfazione a livello personale. Vedo un futuro anche nel progetto di digitalizzazione del patrimonio conservato nella Gypsotheca di Possagno per consentire l’accesso ai suoi contenuti a tutte le persone”.
Quale contributo intende dare al Museo di Possagno che racchiude la più consistente collezione di opere di Canova al mondo?
“Non credo che gli ingressi, chiamati brutalmente bigliettazione, siano l’unico modo per aiutare i musei. La Gyspotheca fa piccoli numeri: circa 50.000 ingressi all’anno. Il nostro obiettivo è di trovare dei mezzi per sostenere la nostra grande bellezza e renderla accessibile in forma gratuita. Occorrono anche fondi per rifare il tetto. Dall’industria della moda ho imparato che per il successo di alcuni marchi del Made in Italy è stato importante lo sfruttamento delle royalties. Mi piacerebbe diffondere lo stesso approccio per le istituzioni museali e i loro contenuti”.
Che ne pensa delle iniziative di arte immersiva? A breve verrà inaugurata a Venezia un’esposizione dedicata a Canova con la riproduzione di opere in digitale.
“Sono iniziative utili per diffondere l’amore per un artista e la sua arte, stimolando la curiosità, e soprattutto sono facilmente distribuibili. Incrementare la conoscenza intorno ad Antonio Canova significa contribuire ad accrescere il desiderio di conoscere le sue opere e il territorio da cui proviene. Il nostro grande vantaggio è che abbiamo opere di Canova in un luogo solo, il Museo di Possagno”.
Quali sono i progetti per il futuro?
“Mi piacerebbe dedicare un’iniziativa al collezionismo privato delle opere di Antonio Canova”.
Stiamo parlando della statua di George Washington che Thomas Jefferson commissionò ad Antonio Canova nel 1816.
L’opera giunse a destinazione solo nel 1821 e fu collocata a Raleigh presso la hall del Senato dello Stato del North Carolina. Sfortunatamente, dieci anni dopo un incendio distrusse l’edificio, mandando in frantumi la preziosa opera in marmo.
Il prossimo 22 maggio, in occasione dei 200 anni dalla realizzazione della statua originale, il modello di gesso preparatorio a grandezza naturale di George Washington creato da Antonio Canova sarà trasferito dalla Gypsotheca e Museo Canova di Possagno (dove attualmente è custodito e da dove non è mai uscito) alla Frick Collection di New York.
Una meta importante, frutto di un’incessante attività di comunicazione e di raccolta fondi portata avanti negli anni con grande energia da Franca Coin.
“La storia è cominciata sei anni fa. Ero già Presidente del consiglio di amministrazione di Venice International Foundation, un’associazione privata nata con lo scopo di affiancare la direzione dei Musei Civici di Venezia e di fatto una delle prime forme di collaborazione tra pubblico e privato” afferma Franca Coin. “La nostra attività era incentrata sui restauri. Non si sa bene come mai, ma l’attività di restauro è considerata identificante per la femminilità”.
Facciamo un passo indietro. Com’è nata l’idea di sostenere l’attività dei musei di Venezia, attraverso la raccolta di fondi privati?
“Siamo nati per volontà dell’allora sindaco di Venezia, Massimo Cacciari. La missione inizialmente non era ancora ben definita. Io provengo dal mondo della comunicazione e della pubblicità, ho lavorato per Vogue Francia e ho vissuto a Milano negli anni d’oro della pubblicità e del boom. Poi ho sposato mio marito, Piergiorgio Coin, e sono venuta ad abitare a Venezia. A un certo punto ero stanca di fare la casalinga. Forse inizialmente era stato proposto a mio marito di dare una mano ai Musei Civici di Venezia, ora non ricordo bene. Fatto sta che ho preso in mano la situazione e ho iniziato mettendo insieme amici in giro per il mondo. Ho creato un’associazione e ho cominciato a raccogliere le prime adesioni con le rispettive quote. La Venice International Foundation lavorava in collaborazione con i Musei Civici di Venezia: insieme si chiedeva al Comune su quali progetti era opportuno investire. Abbiamo cominciato con i restauri. Poi sei anni fa ho pensato che era opportuno allargare il micro mecenatismo, quello che oggi si chiama crowdfounding”.
E a quel punto nasce l’interesse verso Antonio Canova?
“Ho pensato di sfruttare le mie conoscenze negli Stati Uniti, considerando che i donatori avevano la possibilità di defiscalizzare i loro contributi. E così ho dato vita a Friends of Venice Italy, un’organizzazione non profit che opera raccogliendo fondi per preservare Venezia. Per gli Stati Uniti occorrevano iniziative che rendessero le persone orgogliose di prendere parte a grandi progetti. E’ a quel punto che mi hanno proposto di restaurare le 5 stanze del Museo Correr dedicate ad Antonio Canova. Si trattava di un impegno notevole. Da lì ha inizio il progetto “Sublime Canova”. In seguito le Gallerie dell’Accademia di Venezia mi hanno proposto di intervenire nelle 7 stanze dell’Ala palladiana dove sono conservate alcune statue di Antonio Canova. E poi un giorno a Possagno, presso la Gypsotheca e Museo Antonio Canova, ho visto l’originale in gesso della statua di George Washington, commissionata da Thomas Jefferson. Lì è nata l’idea della mostra “Il Canova di George Washington””.
Nel frattempo Franca Coin conosce Xavier F. Salomon, capo curatore della Frick Collection e insieme a lui, in collaborazione con Mario Guderzo, direttore della Gypsotheca e Museo Antonio Canova, prende corpo l’idea di riportare negli Stati Uniti la statua del primo presidente.
Poi sono stati attivati i contatti con il Consolato Generale d'Italia per realizzare in parallelo una mostra di fotografie e con l’Istituto Italiano di Cultura per un’esposizione sulle tempere di Canova, lavori di estrema bellezza che fino ad ora non sono mai usciti dal Museo di Possagno. Nel 2019 verrà inoltre organizzata una mostra sulle opere di Antonio Canova anche alla National Gallery di Washington, grazie alla collaborazione con il curatore C. D. Dickerson III, capo del dipartimento di scultura.
Ora quali sono i suoi obiettivi?
“Venezia è un megafono mondiale. Tra i miei amici più giovani è in voga la definizione di Venezia come piattaforma, termine che voglio cogliere nell’accezione più positiva. L’idea è di curarci della bellezza che abbiamo, di esserne orgogliosi e di comunicare nel modo giusto la nostra cultura a livello mondiale. Credo molto nel contributo fatto di piccole partecipazioni per ottenere grandi risultati: dà una grande soddisfazione a livello personale. Vedo un futuro anche nel progetto di digitalizzazione del patrimonio conservato nella Gypsotheca di Possagno per consentire l’accesso ai suoi contenuti a tutte le persone”.
Quale contributo intende dare al Museo di Possagno che racchiude la più consistente collezione di opere di Canova al mondo?
“Non credo che gli ingressi, chiamati brutalmente bigliettazione, siano l’unico modo per aiutare i musei. La Gyspotheca fa piccoli numeri: circa 50.000 ingressi all’anno. Il nostro obiettivo è di trovare dei mezzi per sostenere la nostra grande bellezza e renderla accessibile in forma gratuita. Occorrono anche fondi per rifare il tetto. Dall’industria della moda ho imparato che per il successo di alcuni marchi del Made in Italy è stato importante lo sfruttamento delle royalties. Mi piacerebbe diffondere lo stesso approccio per le istituzioni museali e i loro contenuti”.
Che ne pensa delle iniziative di arte immersiva? A breve verrà inaugurata a Venezia un’esposizione dedicata a Canova con la riproduzione di opere in digitale.
“Sono iniziative utili per diffondere l’amore per un artista e la sua arte, stimolando la curiosità, e soprattutto sono facilmente distribuibili. Incrementare la conoscenza intorno ad Antonio Canova significa contribuire ad accrescere il desiderio di conoscere le sue opere e il territorio da cui proviene. Il nostro grande vantaggio è che abbiamo opere di Canova in un luogo solo, il Museo di Possagno”.
Quali sono i progetti per il futuro?
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