7 km a piedi sulle tracce del pittore
Nei paesaggi di Bruegel: alla scoperta del Pajottenland tra passato e presente
Bruegel’s Eye. Reconstructing the Landscape è parte del Flemish Masters of Tourism Flanders 2018-2020 | Courtesy of www.dilbeek.be e Visitflanders
Francesca Grego
09/04/2019
Pieter Bruegel il Vecchio è considerato dagli esperti il fondatore del paesaggio come genere pittorico. Ma sono luoghi reali le campagne, i boschi e le distese innevate che ammiriamo nei suoi quadri? Come si sono trasformati nel tempo? Che cosa resta oggi dei mulini, delle chiese e dei campi dipinti quasi cinque secoli fa?
Per scoprirlo siamo partiti alla volta del Pajottenland, la regione delle Fiandre frequentata dal maestro, che per i 450 anni dalla sua morte diventa protagonista di Bruegel’s Eye. Reconstructing the Landscape: un itinerario nel verde lungo 7 chilometri, tra edifici storici e 15 installazioni che rielaborano in chiave contemporanea i temi del paesaggio bruegeliano.
A mezz’ora da Bruxelles, la campagna di Dilbeek ci accoglie nella sua pace silenziosa: non si può dire che qui il tempo si sia fermato, ma è divertente cercare le memorie del pittore tra orti, boschetti e costruzioni di ogni epoca. Ci troviamo in un’area protetta per motivi storici e ambientali: tra il Mulino trecentesco di Santa Gertrude-Pede e il vecchio Birrificio Goossens - rinomato per la produzione della caratteristica birra Lambic - con un po’ di fortuna si possono avvistare anche farfalle rare ed esemplari di martin pescatore.
Bruegel’s Eye. Reconstructing the Landscape è parte del Flemish Masters of Tourism Flanders 2018-2020 | Courtesy of www.dilbeek.be e Visitflanders
Il percorso parte ufficialmente dalla Chiesetta di Sant’Anna Pede: poco più di una cappella sorta nel Trecento al centro di un piccolo villaggio, che Bruegel immortalò nel quadro della Parabola dei Ciechi (oggi al Museo di Capodimonte).
Tra le colonne gotiche di Sant’Anna, il fotografo e visual artist Filip Dujardin reinterpreta con le moderne tecnologie dell’immagine l’approccio al paesaggio del pittore rinascimentale: non una mera riproduzione della realtà, ma una sorta di collage di elementi familiari ed esotici “ritagliati” dai luoghi che Bruegel attraversò nel corso della vita. Così, anche nel grande pannello posto da Dujardin in fondo alla navata, la pianura verdissima del Pajottenland accoglie le rocce delle Alpi, che tanto colpirono il maestro durante i suoi viaggi in Italia, nonché un’antica basilica fiamminga ed edifici dal design contemporaneo, fino a una bella fila di pale eoliche. Nei quadri di Bruegel come nell’opera di Dujardin, quel che a prima vista appare verosimile mostra gradualmente la propria natura di paesaggio impossibile.
Sempre nella chiesetta trecentesca, l’artista di origine turca Aslı Çiçek ha decostruito l’idea bruegeliana dello spazio con le sue stampe digitali su tela, che passo dopo passo rivelano i diversi livelli di lettura presenti nell’opera del maestro cinquecentesco.
Pieter Bruegel il Vecchio, Cacciatori nella neve, 1565, Olio su tavola, 162 X 117 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Ma l’essenza del progetto la scopriamo soltanto all’aperto, camminando tra viottoli e sentieri dove artisti, designer, architetti e registi teatrali giocano con l’antico e con il moderno, con i temi dell’arte e con le emergenze dell’attualità, per costruire nuovi paesaggi “bruegeliani”.
Nascosta da una siepe di tuja alta quattro metri, troviamo subito la serra bianca progettata dal collettivo di designer Rotor con materiali di recupero: le pareti aperte incorniciano frammenti del panorama circostante, mentre all’esterno una scala e una passerella ci permettono di guardare la campagna dall’alto, come nei quadri di Bruegel.
Più avanti, un dipinto del pittore contemporaneo Koen van den Broek trasporta gli orizzonti del Pajottenland in una dimensione astratta ma in stretta relazione con lo spazio circostante, mentre una scultura in metallo colorato firmata da Georges Rousse si confronta con l’imponente Viadotto ferroviario dei Diciassette Ponti: un’opera in continua evoluzione fin dagli anni Trenta del Novecento, che all’artista ricorda l’utopia della Torre di Babele di Bruegel. Giocando con le prospettive predisposte dallo scultore, è possibile scorgere all’interno della struttura un sole che tramonta.
Arbusti, narcisi gialli, rovi di more e vegetazione palustre ci danno il benvenuto tra suoni d’acqua e cinguettii. Dove gli alberi si infittiscono facciamo una scoperta inattesa: una sorta di teatro delimitato da un grande anello sospeso, da cui pendono tende variopinte mosse dal vento. Sulle tele si mescolano scene dalla Torre di Babele e motivi vegetali. Gli ideatori dell’installazione - i designer di Office KGDVS di Bruxelles e il fotografo olandese Bas Princen - hanno voluto darci l’illusione di uno spazio chiuso in aperta campagna, un cerchio magico dove far correre l’immaginazione tra natura e artificio, proprio come nel capolavoro del maestro fiammingo.
Pieter Bruegel il Vecchio, La Torre di Babele, 1563, Olio su pannello, Kunsthistorisches Museum, Vienna
Andiamo avanti tra grandi pannelli specchianti che riflettono tipiche case locali, giardini anarchici ispirati alle trappole per uccelli del celebre Paesaggio invernale, mulini in acciaio che ricordano quello della Salita al Calvario e altissimi pali neri sormontati da una ruota, proprio come nel Trionfo della Morte conservato al Prado di Madrid: “Esche per corvi e cornacchie” recita il titolo dell’opera dell’architetto Bas Smets, citando un’espressione che nel Medioevo indicava le ruote della tortura su cui le vittime restavano appese in pasto agli uccelli. Anche i simboli più macabri diventano qui innocenti elementi del paesaggio, dando ritmo e verticalità al territorio pianeggiante del Pajottenland.
Non è sempre facile cogliere i rimandi e i significati nascosti nelle opere: per fortuna abbiamo una guida prodiga di spiegazioni e un libretto ritirato gratuitamente nella Chiesa di Sant’Anna. Mentre la mente lavora per dare un senso a quanto visto, ci godiamo l’aria fresca di primavera e i fiori appena sbocciati, tra pecore dai lunghi manti, asini e grosse galline. Quello del Pajottenland è un paesaggio protetto, ma brulica di attività: incrociamo taglialegna in azione e abitanti del posto intenti a tosare l’erba di giardini curatissimi.
Tornando verso Sant’Anna, un parco giochi sui generis rende omaggio ai Giochi di bambini di Bruegel: l’hanno creato gli architetti bruxellesi di Landinzicht con strumenti agricoli, materiali di recupero e oggetti facilmente reperibili nella zona. Silos sonori, una collina di ruote di gomma, balle di fieno e una decina di vasche da bagno disposte in circolo invitano a divertirsi come i ragazzi rappresentati quasi 500 anni fa dal pittore fiammingo. Per esempio basta premere su una pompa conficcata nel terreno (come per gonfiare le gomme di una bici) e la vasca si trasforma in una fontana, perché proprio lì sotto scorrono sorgenti sotterranee.
Le stesse che, a pochi passi, alimentano due stagni e il Molenbeek, il corso d’acqua sfruttato per secoli dal Mulino di Santa Gertrude-Pede. L’itinerario termina qui, presso l’edificio medievale che Bruegel immortalò nei famosi dipinti La gazza sulla forca e Il ritorno della mandria. In funzione fino al 1963 grazie a un motore elettrico, il mulino è oggi tutelato come un monumento ed è stato restaurato nel suo originario meccanismo ad acqua. Insieme alla Birreria Goossens e all’adiacente fattoria settecentesca è uno dei più preziosi documenti della storia rurale dei dintorni di Bruxelles.
Pieter Bruegel il Vecchio, Giochi di bambini, 1560, Olio su tavola, 118 x 161 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Tutte le informazioni sul percorso Bruegel’s Eye. Reconstructing the Landscape e sulle iniziative in programma per i 450 anni dalla scomparsa di Bruegel il Vecchio sono disponibili sul sito www.visitflanders.com.
Per scoprirlo siamo partiti alla volta del Pajottenland, la regione delle Fiandre frequentata dal maestro, che per i 450 anni dalla sua morte diventa protagonista di Bruegel’s Eye. Reconstructing the Landscape: un itinerario nel verde lungo 7 chilometri, tra edifici storici e 15 installazioni che rielaborano in chiave contemporanea i temi del paesaggio bruegeliano.
A mezz’ora da Bruxelles, la campagna di Dilbeek ci accoglie nella sua pace silenziosa: non si può dire che qui il tempo si sia fermato, ma è divertente cercare le memorie del pittore tra orti, boschetti e costruzioni di ogni epoca. Ci troviamo in un’area protetta per motivi storici e ambientali: tra il Mulino trecentesco di Santa Gertrude-Pede e il vecchio Birrificio Goossens - rinomato per la produzione della caratteristica birra Lambic - con un po’ di fortuna si possono avvistare anche farfalle rare ed esemplari di martin pescatore.
Bruegel’s Eye. Reconstructing the Landscape è parte del Flemish Masters of Tourism Flanders 2018-2020 | Courtesy of www.dilbeek.be e Visitflanders
Il percorso parte ufficialmente dalla Chiesetta di Sant’Anna Pede: poco più di una cappella sorta nel Trecento al centro di un piccolo villaggio, che Bruegel immortalò nel quadro della Parabola dei Ciechi (oggi al Museo di Capodimonte).
Tra le colonne gotiche di Sant’Anna, il fotografo e visual artist Filip Dujardin reinterpreta con le moderne tecnologie dell’immagine l’approccio al paesaggio del pittore rinascimentale: non una mera riproduzione della realtà, ma una sorta di collage di elementi familiari ed esotici “ritagliati” dai luoghi che Bruegel attraversò nel corso della vita. Così, anche nel grande pannello posto da Dujardin in fondo alla navata, la pianura verdissima del Pajottenland accoglie le rocce delle Alpi, che tanto colpirono il maestro durante i suoi viaggi in Italia, nonché un’antica basilica fiamminga ed edifici dal design contemporaneo, fino a una bella fila di pale eoliche. Nei quadri di Bruegel come nell’opera di Dujardin, quel che a prima vista appare verosimile mostra gradualmente la propria natura di paesaggio impossibile.
Sempre nella chiesetta trecentesca, l’artista di origine turca Aslı Çiçek ha decostruito l’idea bruegeliana dello spazio con le sue stampe digitali su tela, che passo dopo passo rivelano i diversi livelli di lettura presenti nell’opera del maestro cinquecentesco.
Pieter Bruegel il Vecchio, Cacciatori nella neve, 1565, Olio su tavola, 162 X 117 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Ma l’essenza del progetto la scopriamo soltanto all’aperto, camminando tra viottoli e sentieri dove artisti, designer, architetti e registi teatrali giocano con l’antico e con il moderno, con i temi dell’arte e con le emergenze dell’attualità, per costruire nuovi paesaggi “bruegeliani”.
Nascosta da una siepe di tuja alta quattro metri, troviamo subito la serra bianca progettata dal collettivo di designer Rotor con materiali di recupero: le pareti aperte incorniciano frammenti del panorama circostante, mentre all’esterno una scala e una passerella ci permettono di guardare la campagna dall’alto, come nei quadri di Bruegel.
Più avanti, un dipinto del pittore contemporaneo Koen van den Broek trasporta gli orizzonti del Pajottenland in una dimensione astratta ma in stretta relazione con lo spazio circostante, mentre una scultura in metallo colorato firmata da Georges Rousse si confronta con l’imponente Viadotto ferroviario dei Diciassette Ponti: un’opera in continua evoluzione fin dagli anni Trenta del Novecento, che all’artista ricorda l’utopia della Torre di Babele di Bruegel. Giocando con le prospettive predisposte dallo scultore, è possibile scorgere all’interno della struttura un sole che tramonta.
Arbusti, narcisi gialli, rovi di more e vegetazione palustre ci danno il benvenuto tra suoni d’acqua e cinguettii. Dove gli alberi si infittiscono facciamo una scoperta inattesa: una sorta di teatro delimitato da un grande anello sospeso, da cui pendono tende variopinte mosse dal vento. Sulle tele si mescolano scene dalla Torre di Babele e motivi vegetali. Gli ideatori dell’installazione - i designer di Office KGDVS di Bruxelles e il fotografo olandese Bas Princen - hanno voluto darci l’illusione di uno spazio chiuso in aperta campagna, un cerchio magico dove far correre l’immaginazione tra natura e artificio, proprio come nel capolavoro del maestro fiammingo.
Pieter Bruegel il Vecchio, La Torre di Babele, 1563, Olio su pannello, Kunsthistorisches Museum, Vienna
Andiamo avanti tra grandi pannelli specchianti che riflettono tipiche case locali, giardini anarchici ispirati alle trappole per uccelli del celebre Paesaggio invernale, mulini in acciaio che ricordano quello della Salita al Calvario e altissimi pali neri sormontati da una ruota, proprio come nel Trionfo della Morte conservato al Prado di Madrid: “Esche per corvi e cornacchie” recita il titolo dell’opera dell’architetto Bas Smets, citando un’espressione che nel Medioevo indicava le ruote della tortura su cui le vittime restavano appese in pasto agli uccelli. Anche i simboli più macabri diventano qui innocenti elementi del paesaggio, dando ritmo e verticalità al territorio pianeggiante del Pajottenland.
Non è sempre facile cogliere i rimandi e i significati nascosti nelle opere: per fortuna abbiamo una guida prodiga di spiegazioni e un libretto ritirato gratuitamente nella Chiesa di Sant’Anna. Mentre la mente lavora per dare un senso a quanto visto, ci godiamo l’aria fresca di primavera e i fiori appena sbocciati, tra pecore dai lunghi manti, asini e grosse galline. Quello del Pajottenland è un paesaggio protetto, ma brulica di attività: incrociamo taglialegna in azione e abitanti del posto intenti a tosare l’erba di giardini curatissimi.
Tornando verso Sant’Anna, un parco giochi sui generis rende omaggio ai Giochi di bambini di Bruegel: l’hanno creato gli architetti bruxellesi di Landinzicht con strumenti agricoli, materiali di recupero e oggetti facilmente reperibili nella zona. Silos sonori, una collina di ruote di gomma, balle di fieno e una decina di vasche da bagno disposte in circolo invitano a divertirsi come i ragazzi rappresentati quasi 500 anni fa dal pittore fiammingo. Per esempio basta premere su una pompa conficcata nel terreno (come per gonfiare le gomme di una bici) e la vasca si trasforma in una fontana, perché proprio lì sotto scorrono sorgenti sotterranee.
Le stesse che, a pochi passi, alimentano due stagni e il Molenbeek, il corso d’acqua sfruttato per secoli dal Mulino di Santa Gertrude-Pede. L’itinerario termina qui, presso l’edificio medievale che Bruegel immortalò nei famosi dipinti La gazza sulla forca e Il ritorno della mandria. In funzione fino al 1963 grazie a un motore elettrico, il mulino è oggi tutelato come un monumento ed è stato restaurato nel suo originario meccanismo ad acqua. Insieme alla Birreria Goossens e all’adiacente fattoria settecentesca è uno dei più preziosi documenti della storia rurale dei dintorni di Bruxelles.
Pieter Bruegel il Vecchio, Giochi di bambini, 1560, Olio su tavola, 118 x 161 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Tutte le informazioni sul percorso Bruegel’s Eye. Reconstructing the Landscape e sulle iniziative in programma per i 450 anni dalla scomparsa di Bruegel il Vecchio sono disponibili sul sito www.visitflanders.com.
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