Arte: un caso irrisolto da 110 milioni di euro
Falso o capolavoro? Leonardo da Vinci e il mistero della Bella Principessa
Leonardo da Vinci, Bella principessa, 1495 circa, Collezione privata
Francesca Grego
29/06/2020
Attribuzioni che fanno discutere, capolavori perduti, soggetti dall’identità enigmatica: quando si parla di Leonardo, il mistero è sempre dietro l’angolo. Mentre ancora attendiamo trepidanti la conclusione del giallo Salvator Mundi, osserviamo incantati il sorriso enigmatico della Gioconda e guardiamo ammirati il grande errore tecnico dell'Ultima Cena, facciamo il punto su un’opera che ha fatto impazzire gli studiosi negli ultimi 20 anni. Elegantissima nel suo look all’ultima moda del Quattrocento lombardo, la Bella Principessa guarda davanti a sé con aria assorta, incurante della nube di polemiche che la segue a vista. Chi è la dama? Per alcuni una fanciulla di nobile lignaggio, per altri una cassiera del XX secolo, “autoritaria e piena di sé”. Il nome, in realtà, gliel’ha affibbiato Martin Kemp, docente alla Oxford University e tra i massimi esperti del genio toscano, che nel 2011 convalidò con analisi scientifiche l’ipotesi già condivisa da esimi storici dell’arte come Nicholas Turner, Carlo Pedretti e Mina Gregori. Caso chiuso? Neanche per sogno.
È il 1998 quando sentiamo parlare per la prima volta di questo raffinato disegno a gesso, inchiostro, matite rossa e nera e biacca su pergamena, che qualcuno ha incollato su una tavola di 33 per 23.9 centimetri. Nella sede newyorkese di Christie’s è battuto all’asta per 21.850 dollari come prodotto di scuola tedesca del XIX secolo. A metterlo sul mercato è Jeanne Marchig, studiosa d’arte svizzera nonché vedova del pittore e collezionista fiorentino Giannino Marchig, che è intervenuto sull’opera con qualche ritocco. L’acquirente è il collezionista canadese Peter Silverman.
Un particolare del viso della Bella Principessa, l'opera attribuita a Leonardo da Vinci
Nel 2008 scoppia la bomba: il disegno sarebbe stato vergato dalla mano di Leonardo e la gentildonna raffigurata nientemeno che Bianca Sforza, figlia naturale di Ludovico il Moro e Bernardina de Corradis. Il ritratto sarebbe stato realizzato durante il primo soggiorno milanese del genio di Vinci, in occasione delle nozze della ragazza con il capitano delle armate ducali Gian Galeazzo Sanseverino. La pergamena è un supporto insolito per Leonardo, ma Jean Perrèal, un artista che visitò Milano in quegli anni, ricorda in un diario che il pittore e inventore toscano gli chiese più volte ragguagli sul suo uso associato al gesso. Non sono pochi gli esperti che sostengono la nuova attribuzione e le quotazioni della Bella Principessa salgono vertiginosamente: nel 2010 il disegno vale 107 milioni di euro e suscita la curiosità dei visitatori nelle mostre allestite in giro per l’Europa.
Un dettaglio dell'acconciatura dell'opera Bella Principessa, attribuita a Leonardo da Vinci
È qui che entra in gioco Kemp. Con la collaborazione degli ingegneri francesi Jean Penicault e Pascal Cotte, il ritratto viene digitalizzato con una fotocamera multispettrale a una risoluzione di 240 milioni di pixel e sottoposto ad analisi al Carbonio 14. Non solo la pergamena risulta risalente a un’epoca compresa tra il 1440 e il 1650, ma sulla sua superficie viene ritrovata l’impronta di una mano compatibile con quelle presenti sul San Girolamo di Leonardo della Pinacoteca Vaticana. L’artista, si sa, era solito sfumare i colori con i polpastrelli per ottenere un effetto più morbido e soffuso. In più, dall’esame ai raggi infrarossi emergono linee invisibili a occhio nudo simili a quelle della Testa di donna di profilo conservata nella Royal Library del Castello di Windsor.
Si deve ancora a Kemp il ritrovamento presso la Biblioteca Nazionale Polacca di Varsavia dell’incunabolo da cui sarebbe stato strappato il foglio della Bella Principessa: una copia della Sforziade (Commentarii rerum gestarum Francisci Sfortiae) stampata a Milano nel 1490 e donata al re di Polonia dal sovrano francese Francesco I, altro mecenate di Leonardo. Il codice reca un frontespizio miniato che allude alle nozze del suo possessore con Bianca Sforza e risulta compatibile con i tre fori trovati sul margine sinistro del disegno attribuito all’artista. Insomma, il rebus sembra definitivamente risolto.
Ma nel 2015 un colpo di scena riapre la partita. A prendere la parola è uno dei falsari più abili del pianeta, capace di contraffare rilievi assiri, statuette egizie, dipinti di Otto Dix, sculture di Paul Gauguin ed Henry Moore, e di spacciarli a grandi musei. “Ho preso una pergamena del 1587 e l’ho disegnata ruotandola di 90 gradi per imitare l’arte mancina di Leonardo da Vinci”, scrive semplicemente Shaun Greenhalgh nella sua autobiografia. L’inchiostro sarebbe stato ricavato dalla linfa di un albero di acacia fatta bollire con escrescenze di quercia e il profilo della Bella Principessa sarebbe stato quello di una cassiera di un supermercato inglese incontrata negli anni Settanta.
È il 1998 quando sentiamo parlare per la prima volta di questo raffinato disegno a gesso, inchiostro, matite rossa e nera e biacca su pergamena, che qualcuno ha incollato su una tavola di 33 per 23.9 centimetri. Nella sede newyorkese di Christie’s è battuto all’asta per 21.850 dollari come prodotto di scuola tedesca del XIX secolo. A metterlo sul mercato è Jeanne Marchig, studiosa d’arte svizzera nonché vedova del pittore e collezionista fiorentino Giannino Marchig, che è intervenuto sull’opera con qualche ritocco. L’acquirente è il collezionista canadese Peter Silverman.
Un particolare del viso della Bella Principessa, l'opera attribuita a Leonardo da Vinci
Nel 2008 scoppia la bomba: il disegno sarebbe stato vergato dalla mano di Leonardo e la gentildonna raffigurata nientemeno che Bianca Sforza, figlia naturale di Ludovico il Moro e Bernardina de Corradis. Il ritratto sarebbe stato realizzato durante il primo soggiorno milanese del genio di Vinci, in occasione delle nozze della ragazza con il capitano delle armate ducali Gian Galeazzo Sanseverino. La pergamena è un supporto insolito per Leonardo, ma Jean Perrèal, un artista che visitò Milano in quegli anni, ricorda in un diario che il pittore e inventore toscano gli chiese più volte ragguagli sul suo uso associato al gesso. Non sono pochi gli esperti che sostengono la nuova attribuzione e le quotazioni della Bella Principessa salgono vertiginosamente: nel 2010 il disegno vale 107 milioni di euro e suscita la curiosità dei visitatori nelle mostre allestite in giro per l’Europa.
Un dettaglio dell'acconciatura dell'opera Bella Principessa, attribuita a Leonardo da Vinci
È qui che entra in gioco Kemp. Con la collaborazione degli ingegneri francesi Jean Penicault e Pascal Cotte, il ritratto viene digitalizzato con una fotocamera multispettrale a una risoluzione di 240 milioni di pixel e sottoposto ad analisi al Carbonio 14. Non solo la pergamena risulta risalente a un’epoca compresa tra il 1440 e il 1650, ma sulla sua superficie viene ritrovata l’impronta di una mano compatibile con quelle presenti sul San Girolamo di Leonardo della Pinacoteca Vaticana. L’artista, si sa, era solito sfumare i colori con i polpastrelli per ottenere un effetto più morbido e soffuso. In più, dall’esame ai raggi infrarossi emergono linee invisibili a occhio nudo simili a quelle della Testa di donna di profilo conservata nella Royal Library del Castello di Windsor.
Si deve ancora a Kemp il ritrovamento presso la Biblioteca Nazionale Polacca di Varsavia dell’incunabolo da cui sarebbe stato strappato il foglio della Bella Principessa: una copia della Sforziade (Commentarii rerum gestarum Francisci Sfortiae) stampata a Milano nel 1490 e donata al re di Polonia dal sovrano francese Francesco I, altro mecenate di Leonardo. Il codice reca un frontespizio miniato che allude alle nozze del suo possessore con Bianca Sforza e risulta compatibile con i tre fori trovati sul margine sinistro del disegno attribuito all’artista. Insomma, il rebus sembra definitivamente risolto.
Ma nel 2015 un colpo di scena riapre la partita. A prendere la parola è uno dei falsari più abili del pianeta, capace di contraffare rilievi assiri, statuette egizie, dipinti di Otto Dix, sculture di Paul Gauguin ed Henry Moore, e di spacciarli a grandi musei. “Ho preso una pergamena del 1587 e l’ho disegnata ruotandola di 90 gradi per imitare l’arte mancina di Leonardo da Vinci”, scrive semplicemente Shaun Greenhalgh nella sua autobiografia. L’inchiostro sarebbe stato ricavato dalla linfa di un albero di acacia fatta bollire con escrescenze di quercia e il profilo della Bella Principessa sarebbe stato quello di una cassiera di un supermercato inglese incontrata negli anni Settanta.
Kemp giudica “ridicola” la trovata di Greenhalgh, mentre Vittorio Sgarbi chiede le prove della sua impresa. Perché, indipendentemente dall’autenticità del ritratto, sempre di impresa si tratta: giocare con un’opera da 150 milioni di euro e farsi beffe del gotha dell’arte mondiale, mentre il Victoria and Albert Museum in collaborazione con Scotland Yard dedica ai suoi falsi una mostra di successo.
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